Dopo l’incontro con le centinaia di persone che si sono affacciate sabato scorso, un’ottantina di assaggi e una densa e ispirata Tavola rotonda di 3 ore sul tema, possiamo dire che BioBacco di Studio Umami ha lanciato diversi sassolini nel mare del vino biologico, biodinamico o naturale che dir si voglia. Anzi si possa, perchè la disputa sulle regole è stato il focus di gran parte delle discussioni sia dal vivo che su Twitter dove potete recuperare tutto con l’hashtag #BioBacco. Discussione che ha visto affermare che serve un minimo comune accordo su cosa possa essere definito “vino biologico” ma che debba soltanto il punto di partenza per una grande e più diffusa comunicazione del vino che porti il consumatore a sapere che prodotto scegliere.
Altra questione è che queste regole debbano per forza avere le maglie abbastanza larghe per permettere l’ingresso alle varie litigiosissime associazioni…e se questo significherà che anche le grandi aziende e i negociant possano sfruttare la regola per fare business è un male minore, significa che saranno le singole aziende che si preoccuperanno di comunicare quanto meglio cosa fanno per dare la possibilità a chiunque di saper distinguere il vino artigianale da quello industriale.
Indipendentemente dalla qualità, dato che esistono vini pessimi artigianali e ottimi industriali come il contrario, il vino biologico deve indicare vini prodotti seguendo standard che tengano il rispetto per l’ambiente e per la salute delle persone in primo piano.
Ma vediamo i vari interventi della tavola rotonda:
Marco Bignardi Federbio (Presidente del Coordinamento Toscano Produttori Biologici, associazione socia di FEDERBIO)
Prima di 5-6 anni fa nessuno diceva che erano buoni, prima di vinitaly 2005 nessun vino bio vinceva premi e nessuno li conosceva…tutt’ora ci sono aziende bio che non lo scrivono e del resto non si può scrivere per legge “vino bio” ma solo uve bio. Cosa che invece in Francia è fattibilissimo e legale…
grande interesse a distruggere il bio…tante truffe ma nessun azienda agricola! nessuno l’ha detto
Marco Serventi Demeter Biodinamica
abbiamo standard di tanti settori, ad agricoltura si lascia “creatività agricola” per far sviluppare il nuovo. Base gnoseologica nella biodinamica è grande, agricoltore è sempre creatore di soluzioni nuove, difficile ingabbiare in regole. Cmq noi stiamo lavorando a nuovi standard anche più restrittivi. Evoluzione cantina e bio stesso hanno stessa possibilità di fiorire, non in stampo chimico positivista. Per ora uve dimetter…ma vino dimetter molto tardi ad arrivare il boom anche se richiesta da Nord Europa e Giappone e anche import. ognuno cerca di mantenere suo segreto non c’è fiducia e circolazione delle idee molto limitata purtroppo. Consulenti cercano di trattenere know how in realtà quasi solo apparente. Sarebbe molto meglio condividere. Ha senso mantenere “vino demeter” per vino di cantine dove in realtà comunque biodinamica non è applicata? C’è grande chiusura su questo ovvero sul senso di dire “vino biodinamico”…
Ma regole vuol dire caselle e quindi industria. Anche se facciamo bene la comunicazione…si rischia di sbagliare. Chi ha cantina propria sono pochi, molti sono soci cooperativa…abbiamo anche cantine senza uva propria per che lavorano demeter. Sono poche ma la crescita deve essere lenta per forza. Buon consulente e buona comunicazione è riproposizione del vecchio “winemaker”.
L’importante è che passato non sia passato invano e che capiamo che si deve cambiare, creatori di buona terra e buoni vini. Vino è passaggio è processo di mettere in moto il futuro
Leonello Anello ViticolturaBiodinamica
ma chiediamoci davvero al di là di regole “esiste il vino biodinamico?”si può fare davvero? Poi occorre guardare prima il fatto che se non analizziamo la prospettiva legale non ci sarà mai netta differenziazione tra vino convenzionale e vino biodinamico o biologico . Quindi
se sarà mai possibile etichettare un vino bio,e nel caso, chi ne guadagnerà?gli ultimi non saranno i primi… Le maglie saranno larghe abbastanza larghe da far pagare tanta gente per farsi etichettare, problema non è solforosa! Grande enologo convenzionale farà lo stesso lavoro, lieviti si possono usare selezionati, norme UE per vino bio prevedono uso di sali, tiammina, solforosa quasi quanto si vuole, lieviti selezionati, fecce grosse, bucce..
Vino biologico Europeo sarà quasi una truffa… prodotto finito andrà alle guide e sarà valutato alla pari con gli altri. Dovremo partire dalle prove pratiche per convincere i consumatori, noi mettiamo cartellino che la gente può buttare. A livello di stabilità dei risultati non c’è bisogno di certificazione, disciplinare farà entrare i grandi ma vino biodinamico si può già fare.
Comunicazione necessita dei distinguo, se permettete …
Christian Giorni, enologo ViniEtici
valutazione deve includere parte esoterica, non è solo materia, non è solo antociani e ph, si deve capire qualità frutto e etica prevede quanto viene messo di personale e di entusiasmo nel fare il frutto da cui viene vino. Non solo quantitativo, non solo componenti fisiche. Esame organolettico si limita ai sensi ma vino ci pervade e ci arriva alla testa in tanti modi, non si può valutare in maniera “normale”, vino è rinascita di frutto non prodotto vero e proprio. Disciplinare è limitante è vero ma di lì deve partire creatività e originalità del produttore. Etica è saper mettere nel vino una percezione del meccanismo della produzione, uva muore come vino e con mano dell’uomo rinasce come vino, se quest’uomo non ha percezione di questo, allora ok solo disciplinari ma non sarà vino vivo che invecchia e cresce
Marco Tebaldi Freewine
“noi siamo quelli della tecnologia, del resto del 99% dei vini…ma da 25 anni salubrità primo obbiettivo del vino in genere bio o non bio. Non presenza di allergeni ammine, e altri “ime” sono molto più nocive di tante altre sostanze, allergeni molto rari ma nel vino ci sono spesso. Non voglio far troppa pubblicità a nostro metodo ma è tutto scientifico e pubblicato
Filippo Ferrari enologo ViniEtici
Si sta ancora a discutere sul fatto che si possano accettare difetti oppure no come se fosse quella la differenza tra vini bio e non bio, leggi europee difficili in vari paesi,cambia troppo, livelli solforosa troppo diversi,maglie troppo larghe. Ognuno fa sua etichetta ed è capibile anche se confusionario . Bisognerebbe almeno mettersi d’accordo sul fatto che vino debba essere buono e digeribile e quindi alcune regole ci devono essere, vino deve essere buono e sapere di uva e non di cantina legno o altro. Poi si fanno ciofeche sia in convenzionale che in biologico…
Maria Grazia Mammuccini, coordinatore comitato scientifico FiRab
Tutti i prodotti agricoli possono essere bio dagli anni ’90 in poi, e anche viticoltori possono farlo. Uva bio si può fare e vino da uve bio con indicazione di uve bio si può fare. Fino al 2012 si può scriverlo…si può scrivere in pratica vino bio indipendentemente da cosa si fa in cantina, per ora. Sul problema del disciplinare ci sono problemi europei di differenze climatiche , si deve differenziare da prodotto del vignaiolo artigiano da quello industriale. Livelli di solforosa è problema insormontabile. Ma occhio che tutta viticoltura mondiale eccetto quella europea è viticoltura industriale, battaglia è globale ma terroir viene fuori solo senza industria. Produrre bio serve ad interpretare meglio il tipo di lavoro che si svolge e oltre comunicazione si deve lavorare a livello europeo la regolamentazione dei sistemi di qualità e denominazioni di origine. Definire differenze agricoltori da industria, cambia etica e produzione, ovvero la presenza di uomo davvero sulla terra, semplice ma efficace.
Michele Manelli Salcheto
Finalmente brut viene riconosciuto come difetto ma per molti è pregio e rischia di dover essere normato…un poco assurdo ma è bene che ci siano proposte del genere… Bello slancio di normativa. Si devono capire comuni obbiettivi . C’è chi si vanta di fare a meno di certe sostanze ma ci sono differenze tra norme volontarie e leggi. Basterebbe definire tre cose per il biologico e seguirle… In realtà è più complesso, c’era sondaggio su risposte medie di consumatori a certi concetti ambientalismo, ambiente, sanità. Veniva sempre fuori che unico “brand” che gente capisce che unisce questi aspetti era “biologico”. Dal di dentro l’ho scoperto e abbiamo fatto percorso diverso oggettivo mirato sul CO2 quindi impatto ambientale . molto importante anche biodiversità e sua riduzione che potrebbe persino portare anche alla diminuzione di biodiversità nostra, nel senso che ad estinguerci saremo noi…
Mettiamoci a disposizione di normativi ma facciamo ricerca che dia risultati oggettivi per bio.
Domanda ad Anello: si beve per piacere , se disciplina farà vino bio del contadino uguale a quello convenzionale saremo alle solite…e avremo perso.
Ammine biogene si possono togliere anche dal punto di vista scientifico chimico e industriale oppure lavorando in campo , il prodotto è salubre in entrambi i casi ma sarà un imbarbarimento…
Alberto Rossi giornalista
QR code possono aiutarci a comunicare e permettono di raccontare tutto quello che in etichetta non si possono mettere in maniera completa, le aziende bio artigianali potrebbero, se usano bene i nuovi mezzi di comunicazione social, non avere particolari svantaggi rispetto ad aziende più grandi e con budget superiori.
[youtube]http://www.youtube.com/watch?v=Q8eEgZ2xq_s[/youtube]
Giampaolo Giacobbo, Porthos
Dare un titolo alla giornata? ho avuto fortuna di lavorare in questo settore in maniera particolare, sono considerato un talebano. Giusto incontrarsi ma non possono finire qua. Mi metto dalla parte di Mario, non avrebbe capito granché, troppe nozioni ma quando ordina un vino che cosa ordinerebbe dopo stamani? Io direi che bisogna essere semplici, mantenere proprio ruolo. Mario capisce energia ed entusiasmo di chi comunica e di chi produce. SOno scelte di vita quelle di produrre bio, bisogna raccontare cosa e come si fa. la Comunicazione da fare è “esistere”, torniamo all’articolo di Cogliati, come è buono tavernello di zia elivie e per lei sarà sempre più buono. Mario Pojer è esempio di coniugare attenzioni verdi e bio alla ricerca e scienza. Romanèe conti non ha cartellino “bio”, obbiettivo finale è non dichiarare niente, faccio vino ed eccolo qua. Scegliere vino bio è scelta!
Secondo giro di tavola con interessante poi i tentativi di definire un vino “bio”:
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Conclusione della giornata con cena conviviale e tutti i vini dei 25 produttori in assaggio. E che hanno dimostrato che seguendo il “bio” si salva una grandissima diversità e una imprescindibile gamma di gusti, sapori e terroir che è impegno di tutti mantenere in vita e comunicare, un impegno che nasce dal viticoltore, continua nel giornalista che ne parla e termina, o forse ricomincia, dal consumatore che lo sceglie al posto di un altro, consumatore che diviene a sua volta socio e partecipe della produzione del vino perchè la sua scelta contribuisce a salvaguardare natura salute e benessere del mondo in cui viviamo.