Convegno Biodinamica Cerreto Guidi | Lisa Granchi e la Fermentazione vinaria spontanea: quali lieviti costruiscono il terroir?

Tema annoso e dibattuto quello dei lieviti in vinificazione con la grande “moda” dei lieviti autoctoni in risposta ad anni di lieviti selezionati e prefabbricati dall’industria. Ma che cosa si intende davvero per autoctono e come mai non è così facile stabilirlo ce lo ha spiegato Lisa Granchi dell’Università degli studi di Firenze alla Facoltà di Agraria Dipartimento di Biotecnologie Agrarie Sez. Microbiologia. Il tutto a partire dall’acino d’uva e la sua naturale predisposizione a diventare vino fino alle selezioni in cantina che determinano il vero “gusto” di un vino, spesso più di una cantina che di un territorio. Vediamo come.
Fermentazione vinaria spontanea: nuovi scenari da vecchie tradizioni
Perchè parlarne oggi? molte polemiche in effetti legati a tipicità territoriali, soluzioni ecosostenibilie tutela biodiversità naturale lieviti e non solo. Fermentazione spontanea è molto collegata a tutti e tre questi aspetti. Conoscere il processo produttivo del vino e gestire ogni aspetto in maniera naturale. Si deve affrontare analizzando ecosistema vitivinicolo, suddiviso in mosto, cantina, uva e vigneto come 4 ambienti molto diversi con ruolo dei lieviti che cambia ogni volta. Lievito è ovvio e assodato che sia fondamentale per vino e non solo per la fermentazione, già Pasteur diceva che qualità del vino dipende dai lieviti che intervengono nella vinificazione. e siamo nel 1866!

Da allora tanti studi e fughe in avanti ma in realtà analisi su reale popolazione attiva nel processo è solo recente 1999. Utilizzo di identificazione rapida con analisi molecolari per capire dinamica e identià delle varie specie di lieviti vinari. Non solo saccaromyces cerevisae che resta il lievito vinario per eccellenza ma tanti altri. Molto poco studio su quantificazione, più sicurezze su qualificazione dei lieviti.

Per esempio uve sane e mature il più presente è K. apiculata  e meno il cerevisae quasi assente , solo 1 acino su 1000! ma le molte variabili dell’uva e del vigneto fanno cambiare tanto la composizione in lieviti in vigneto e sull’uva. In uno stesso vigneto ci sono uve con 4×10 alla quinta di lieviti totali a 3,5 x 1o alla sesta, molta variabilità se stagione è fresca e umida e grappoli con muffa, molto di più lieviti se ci sono muffe ma aumentano quasi sempre i non saccaromices che restano invariati.
Anche su grappoli dopo grandine o pioggia i lieviti aumentano ma quasi sempre più gli altri che non il saccaromyces.
Ad inizio vendemmia e mosto appena formato i k. apiculata e c. zemplinina sono i più presenti, molto più di s.cerevisae e m. pulcherrima. Nel mosto appena spremuto le percentuali sono simili a quelli delle uve subito prima della vendemmia ed è indicazione importante per scelte vendemmiali e enologiche.
In cantina? si apre mondo molto diverso, ci sono lieviti diversi con capacità metaboliche diverse che reagiscono a diversi prodotti nella fermentazione e che sono attivi in maniera diversa a seconda del momento della vinificazione, non tutte permangono nel mosto per tutto il tempo.
Quindi non solo qualificazione lieviti ma anche e sopratutto la loro quantificazione. Nella classica successione ad esempio il Saccaromices prevale ad esempio solo quando etanolo comincia ad essere in quantità apprezzabili, all’inizio apiculata, pulcherrima e stellata sono molto più presenti. Ma è visione standard non sempre applicabile.
Ad esempio in due anni successivi ad esempio e in cantine più tradizionali e cantine più tecnologiche. Varia la popolazione sulle uve ma conta molto anche quanto ho in cantina. Cerevisae ad esempio resta nei tini e ha inoculo naturale che aumenta % di cerevisae nei tini colmati in seguito al primo.  In una stessa vendemmia il primo mosto sarà molto diverso dall’ultimo per un accumulo dei lieviti di un certo tipo nelle prime fermentazioni. Si arriva anche a sorpasso già all’inizio del saccaromyces sugli altri. Apiculata domina spesso in prima parte per poi cedere quasi completamente il campo al cerevisae che all’inizio è quasi ASSENTE! A volte il primo a predominare è lo stellata che inibisce molto di più il cerevisae  e questo determina la produzione di molta glicerina ( e quindi vino naturalmente più morbido).
Se cerivisiae predomina all’inizio (vendemmia inoltrata) si ha vinificazione più veloce.
Se predomina apiculata ho generalmente più acetico (anche se mai in concentrazioni sgradevoli)  se predomina stellata appunto più glicerina, e  si capisce importanza per prodotto finale…
Ma non è solo una questione di specie e quantità relative, ogni specie ha ceppi e individui molto diversi con caratteri diversi. Quindi si parla appunto di ceppi di lieviti e non di specie. Biologia molecolare e DNA fingerprinting RAPD RFAP ci permette di scendere molto in dettaglio nell’analisi.
Ad esempio cerevisae predomina dopo un tot ma ci sono almeno 2 ceppi dominanti e altri meno presenti di regola. C’è successione di ceppi che si alternano nonostante predominanza di solo 2. ceppi dominanti e ceppi meno presenti. Si può studiare in una cantina la biodiversità intraspecifica dei lieviti.
Se si analizzano aziende di 3 diverse dimensioni e che lavorano varietà di uva diverse mi accorgo che:
Azienda 1 grande dimensione 2 uve sangiovese e cabernet: 8 ceppi 2 più ricorrenti di cui 6 nel sangiovese e 4 nel cab. distribuzione dei ceppi dominanti e minoratati cambia da uva a uva.
Azienda 2 più piccola 17 ceppi di cui 7 ricorrenti e uno solo dominante, indipendetemente da tipologia di uva (almeno il dominante). C’è polimorfismo diverso tra cantina e cantina ma in genere uno predomina su altri.
Azienda 3:  ho 10 ceppi ma nessuno dominante. Quindi cantina cambia molto numero e qualità dei lieviti che trovo nel mosto, c’è spesso ceppo dominante ch è quello della cantina che da una impronta decisa su tutti i vini che vengono prodotti  lì almeno in una annata.
Azienda 4:  seguita per vari anni,  ho  22 profili ricorrenti in 9 annate su 10 con uno dominante.
Ma da dove viene il dominante?

Ci sono ceppi che si insediano sia nel terreno che nel tino, non solo da cantina, si parla di insediamento nell’ecosistema del vino. Ogni cantina ha suo ceppo o può averne uno che influenza tutti i suoi prodotti. Ceppi di ciascuna cantina si somigliano tra loro, sono popolazion che si “scelgono” nel tempo e che si affiatano. Quindi si originano nell’ecosistema in vigneto e su uva ma poi è cantina che seleziona e stabilizza certi profili.

Le piante hanno vita più complessa di quanto crediamo e c’è complessità difficile da cogliere ma da studiare:  e uomo come tiene insieme tutto questo?

La biodinamica moderna prova a dare una risposta.