DOC Maremma, meno assurdo di quanto si pensi?

Lanciato qualche mese fa, il tema dell’eccellenza e della territorialità della Maremma toscana è passato sotto diversi riflettori inclusi gli eventi Maremma Wine Shire, le gare d’appalto per la comunicazione e vaghe proposte legislative che addirittura arrivano a proporre una DOC Maremma sotto cui imbottigliare vini da Capalbio fino alle porte di Bolgheri, una sorta di Toscana II del vino che dall’Amiata si allunga fino al mare e isole comprese.Un’idea piuttosto bislacca apparentemente visto che immaginarsi un disciplinare che possa rispecchiare le infinità di diversi terroir che vanno dalla sabbia fino alla montagna più rocciosa con vitigni variegati (pur con il sangiovese in prevalenza) e rese per ettaro le più distanti che si possano concepire. Eppure in chiave estera e come modo di creare una riconoscibilità di un territorio potrebbe essere una opportunità non da buttare.

Assaggiando nelle ultime settimane in varie occasioni (qui vari video sul tema)  i vini di PoggioargentierA (Alberese, con vigneti sparsi in varie zone della Maremma fino a Pitigliano), di PieveVecchia e Salustri (Montecucco,) , Rocca di Frassinello (Gavorrano, zona Monteregio di Massa Marittima), Campo Bargello, Rocca di Montemassi, Tenuta La Marsiliana (Manciano) , Casavyc (a 8m da Scansano) gli elementi a comune ci sono e riescono spesso a prevalere sulle enormi differenze di impostazione aziendale, scelte di vitigni e vinificazione.

Non è facile definire un vino maremmano ma in molti dei vini provati in questa settimana  ricorrono note di macchia mediterranea (artemisia, mirto, resina di pino), note di sottobosco, erbe aromatiche come l’alloro, speziature come il sandalo o il pepe rosa e un fruttato caldo e deciso che vaira a seconda del vitigno  dalla ciliegia e amarena fino al cassis, mora e mirtillo ma che mantiene appunto una tonalità viva e accogliente molto diversa dalle versioni più eleganti e a volte austere delle zone classiche toscane come il Chianti Classico e Montalcino. Nel vini del Montecucco si avvertono note intermedie con un sangiovese spesso splendidamente a metà tra l’espressione del Rosso ilcinese e il Morellino più immediato.

Tra i consumatori, l’idea del vino Maremmano è ben distinta da quello Bolgherese e quella delle zone classiche e viene scelta di proposito ricercando determinate caratteristiche. La convinzione che ci sia della qualità si sta facendo spazio pur con tutte le difficoltà di affermare un territorio così vasto e sfaccettato.

Che poi però convenga promuoverlo in toto oppure sperare nelle forze delle singole DOC o DOCG non sono in grado di dirlo. Dalle mie parti resta il fatto che l’idea di vino “maremmano” è  sempre più forte e assume sempre più spesso  connotazioni di  convivialità, immediatezza, piacevolezza di beva, forza di gusto e capacità evocative di un terroir.

Probabilmente l’aspetto più importante di tutti.