Il futuro del vino italiano è scritto nel cibo, parola di Matteo Lunelli

La notizia di oggi è che allo Champagne And Sparkling Wine World Championship ( #CSWCC per gli amici ) Cantine Ferrari si sono aggiudicati un prestigiosissimo premio per il loro Brut NV, l’etichetta più diffusa e rappresentativa della spumantistica trentina. Ma non è che l’ultimo di una serie di premi e riconoscimenti inanellati negli ultimi mesi. Un lavoro che parte di lontano e che coinvolge una famiglia intera da tre generazioni e che da sempre si è legato strettamente alla promozione del nostro made in Italy gastronomico nel mondo. Per capire i legami e scrutare il futuro abbiamo intervistato lo scorso mese Matteo Lunelli su Business People ma per motivi di spazio tanti elementi sono rimasti fuori. Recuperiamo qui l’intervista integrale con tanti spunti interessanti per capire come potremmo muoverci nei prossimi anni come comparto enogastronomico.

Il 2016 ha già portato molti riconoscimenti e soddisfazioni, vi aspettavate tanti premi e visibilità? Ovviamente c’è stato tanto lavoro dietro le quinte da parte dell’azienda ma non è che forse è un momento in generale favorevole all’Italia e i suoi prodotti?
Stiamo vivendo indubbiamente un momento molto favorevole per il made in italy e l’arte di vivere italiana in genere, lo respiro sempre all’estero quando promuovo il vino Ferrari, c’è una vera passione per il nostro paese, e questo è un valore aggiunto per tutti i prodotti italiani di qualità ma soprattutto per l’enogastronomia dove i segnali sono tanti e inequivocabili. Vedo ad esempio una forte crescita della ristorazione di eccellenza. La nostra cucina è sempre stata amata ovunque ma la vera novità è che nei luoghi più esclusivi dei mercati emergenti (Asia, Russia, Sudamerica) e negli alberghi a cinque stelle fino a dieci anni fa si aprivano nei ristoranti top di impostazione francese, mentre ora ce ne sono tanti di impostazione italiana. Siamo passati dal successo del modello della trattoria al successo nell’ alta ristorazione ed è un cambiamento epocale davvero quando le grandi catene come Four Seasons o Ritz Carlton scelgono di puntare sulla  ristorazione  italiana. E’ un fenomeno che abbiamo visto anche nella moda e nel design, altri due campi dove il nostro stile di vita si sta rivelando vincente. L’Italia è patria di bellezza e creatività che fa nascere grandi prodotti che a loro volta ci portano in giro per il mondo. La vittoria di Massimo Bottura come miglior ristorante al mondo ai 50 Best San Pellegrino è emblematica e non è un caso che sia arrivata proprio oggi. E’ al contempo la ciliegina sulla torta di questo momento speciale ma il simbolo di cosa potremmo ancora fare in futuro con i vini ovviamente trainati da questo successo a tavola.

Oltre il grande lavoro della famiglia Lunelli c’è stato, visto che spesso se ne lamenta l’assenza,  il supporto di Governo e Istituzioni italiane? Cosa dovrebbero fare in campo enogastronomico per aiutare le aziende del comparto?
Expo Milano ha funzionato alla grande ed è un modello virtuoso cui abbiamo partecipato, lì le istituzioni hanno lavorato bene con le aziende ed è un chiaro esempio di come anche in Italia se ci si mette davvero in gioco e si fa squadra nessun traguardo è impossibile.
In qualità di Vicepresidente di Fondazione Alta Gamma abbiamo di recente  lavorato con il Ministero dello Sviluppo Economico alla promozione di Panorama, una grande video installazione a Grand Central di New York, un’opera che racconta per immagini lo straordinario patrimonio paesaggistico, culturale, artigianale e manifatturiero del nostro Paese  dal 25 giugno al 20 luglio scorso. Ovvio che talvolta le istituzioni potrebbero e dovrebbero fare di più ma in realtà in questo la burocrazia non aiuta quasi mai. Il dialogo pubblico privato va promosso e coltivato, ed è possibile come ha dimostrato appunto Expo 2015.

Bollicine, montagna e global warming: che sfide vedete davanti a voi in merito alla questione climatica che toglie il sonno a tanti viticoltori?
Il Trentino in effetti si trova in una posizione magnifica con la sua viticoltura di montagna. Il global warming avrà un grosso effetto sulla produzione italiana nel medio e lungo termine che è poi l’orizzonte nel quale siamo abituati a lavorare, lo abbiamo sempre fatto negli ultimi 100 anni! Noi abbiamo appunto la fortuna di essere in montagna, tutto il  Trentodoc è bollicina di montagna e possiamo alzare la quota media di impianto tanto che i nuovi vigneti li stiamo proprio alzando di quota compensando effetto di riscaldamento climatico. Tra questi il vigneto Alto Margon è completamente biologico e sarà un modello per tutto il Trentodoc: si trova a 700mt che sarebbe stato considerato oltre il  limite di coltivabilità in Trentino solo 10-20 anni fa. Cento metri di altitudine in più ti permette di guadagnare un grado in meno di temperatura media andando a compensare l’effetto del riscaldamento e consentendo uve di una maturità equilibrata. Ma abbiamo anche zone come la Valle dei laghi con l’influsso  del Lago di Garda e l’aria fresca che da Val Rendena e Madonna di Campiglio arriva portando refrigerio speciale. Ma non è solo una questione di quota altimetrica, la montagna infatti ha effetto anche in pianura perchè l’aria fredda scende dalle montagne durante la notte creando grandi escursioni termiche e consentendo maturazione graduale ottimale per i nostri vini.

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Dallo scorso anno operate anche nel mercato del Prosecco tramite Bisol. Prosecco e Metodo Classico sono due facce della stessa medaglia delle bollicine o due mondi completamente diversi? Quali sono i mercati principali dell’una e dell’altro e quali le sfide prossime venture?
Sono due vini diversi e anche in maniera profonda perchè sono due territori estremamente diversi, da una parte la montagna e  dall’altra l’alta collina, ma sono entrambi due grandi espressione di bollicina. Ciascuna ha sua identità, noi siamo orgogliosi di portare avanti entrambe! Tutti e due sono tradizioni di territorio compresa la diversità del vitigno con l’vua del Prosecco, la glera, naturalmente aromatica e l’altra (lo chardonnay  in Trentino) elegante complesso e fine ma che richiede maggior lavoro, ci vuole molto più tempo e pazienza che ripaga in termini di eleganza non raggiungibili da Prosecco le cui doti di immediatezza e piacevolezza non sono raggiungibili a sua volta da un metodo classico.
Sono diversi i contesti di consumo, così come possono essere dei vestiti casual e un abito da sera: ci sono occasioni per entrambi, anche vestiti casual possono essere fantastici!  La sfida è portarla avanti in parallelo e non è facile perchè nel mondo nel vino fermo (rosso o bianco) la gente accetta tranquillamente che ci siano tanti territori ognuno con le sue caratteristiche mentre per le  bollicine c’è voglia di semplicità e poche denominazioni importanti. Anche restando solo in Italia sono diversi i territori e i metodi di produzione e ognuno ha sua identità, ed è quella che va coltivata e promossa. Trentodoc e Prosecco hanno forte caratterizzazione già per conto proprio ma occorre promuovere di continuo la loro conoscenza e diversità nel mondo, siamo agli albori. Sta a noi portare avanti questa diversità e farla capire.

Avete dedicato un premio all’ospitalità in sala nei ristoranti, quale è secondo voi la criticità principale da risolvere in Italia nei ristoranti per questo aspetto e cosa invece funziona alla grande nei migliori locali per questa attenzione al cliente.
Un aspetto che funziona è il fatto che l’ ospitalità è davvero parte integrante della cultura italiana con la nostra convivialità, una forma di ospitalità naturale oltre al cibo. Il ristorante italiano da sempre trasmette accoglienza elegante ma non formale e ingessata, funziona perfettamente insieme ad una  cucina che è insieme elegante ma leggera, molto in linea con esigenze dell’utente moderno che tende a fuggire un’impostazione più rigida.
Quello che funziona è quindi la nostra innata capacità di creare convivialità, mentre quello che non funziona ancora è la capacità nella ristorazione di passare da singola eccellenza di un ristorante ad una catena. Nel mondo ci sono chef e aziende che hanno saputo creare catene impressionanti e oggi se l’Italia vuole imporsi deve essere in grado di replicare i suoi format vincenti nel mondo su scala ampia. Abbiamo una cucina straordinaria ma è la capacità manageriale della ristorazione che ci manca. Vado ovunque nel mondo e noto che le catene italiane sono gestite e pensate da stranieri! Per fortuna qualche chef comincia a muoversi ma se penso a Robuchon, Ducasse o Gordon Ramsey il divario è enorme! Costruire una catena vuol dire creare procedure, regole e altro che non è così naturale per noi come creare capolavori a tavola. Sembrano per noi due mestieri diversi ma nella mia visione non sono destinati a rimanerlo o almeno lo spero per l’Italia nel mondo! Me lo auguro per gli chef ma ovviamente anche per i nostri vini che li accompagnano spesso, sono sfide da affrontare presto senza distruggere il proprio ristorante d’origine. E’ tutta questione di crearsi una scuola e squadra con stessa filosofia che anima un singolo locale e passarla ad una serie di locali.

Tenute Lunelli e prospettive, Montefalco è una zona ancora in cerca d’identità o sul mercato c’è interesse e curiosità per i vini rossi umbri?
Diciamo che un pezzo di strada importante è stato fatto perchè oggi il sagrantino ha sua identità ma in termini di conoscenza è ancora indietro ma come tutta l’Umbria stessa: chi ci va si innamora ma ci vanno ancora in troppo pochi specie se consideriamo come riferimento la vicina Toscana. E’ vino molto identitario e forte che non può piacere a tutti ma non è uguale a nessun altro, non sarà da tutti i giorni ma nelle carte dei vini dovrebbe esserci perchè in un mondo di vini molto simili, lui è simile solo a se stesso! Vedo buone prospettive in USA ma anche in Asia e sua cucina con forti sapori ed emozioni.

Sempre in tema “internazionale” si parla da anni dei nuovi mercati orientali, non solo Cina. E’ davvero così difficile riuscire a lavorare e vendere vino in quei paesi?
La Cina è enorme e non si lascia capire bene come Stati Uniti, per il vino è difficile perchè eccetto le elite delle grandi città la cultura del vino è molto ridotta se non inesistente. Penso che il motivo principale della difficoltà che incontriamo sia  proprio la mancanza di cultura in merito. Non si tratta solo di trovare il partner giusto (e anche questo non è così scontato), manca proprio la cultura e la comprensione, non è nelle abitudini delle persone. Sono ottimista che piano piano però entrerà nella loro vita, c’è trend positivo ma dobbiamo pensare che il cambiamento di abitudini alimentari è molto più lento rispetto a quello sui vestiti e la tecnologia, un prodotto alimentare lo mettiamo nel nostro corpo, coinvolge un aspetto intimo che richiede più tempo. I cinesi hanno sempre avuto una predilezione per il vino rosso che per anni hanno considerato come  l’unico di qualità ma anche questo sta cambiando… Ma stiamo attenti perchè per i prossimi anni il riferimento saranno sempre gli Stati Uniti, per la Cina e altri mercati orientali l’orizzonte è più il 2030 che il 2020…

Siamo in estate, consigliaci un vino (non necessariamente una bollicina) da riscoprire per una serata romantica in riva al mare, per una grigliata tra amici e per guardare le stelle cadenti.
Per me il vino dell’Estate che rappresenta e incarno la magia dell’incontro e la convivialità nonchè la voglia di fare festa in armonia e amicizia non può essere che il nostro Ferrrai Perlè, il nostro stile incarnato vino simbolo che si presta alla stagione e ai momenti e che può raggiungere davvero tantissime persone. Mentre per un incontro romantico non avrei dubbi a dirvi di provare il Maximum Rosè, sapido vinoso ideale per tantissimi piatti e con quel colore che non smette mai di brillare nel bicchiere e negli occhi di chi ti siede davanti!