Mai bevuto uno Swarovsky? E altre idee per una etichetta su Business People di Marzo

La prima volta un cliente compra il nostro lavoro, la seconda volta il vostro“. Questa è la frase con cui la maggior parte dei designer accoglie un potenziale cliente, ovvero un’azienda vinicola che abbia intenzione di dedicare l’attenzione che merita ad un aspetto spesso a torto trascurato di un vino: come appare da chiuso, ancora prima di potersi giocare le sue carte in termini di colore, profumi fruttati speziati e “tannini dolci e croccanti”.
Ovvero solo tramite la sua etichetta.Questo è l’incipit dell’articolo di questo mese su Business People (Numero di Marzo 2010, 60mila copie in edicola più 12mila abbonati) con quattro pagine dedicate alla protagonista indiscussa della compravendita del vino, ovvero la sua etichetta e il suo vestito. Tanti modi di raccontare cosa c’è dentro la bottiglia o di nasconderlo, in ogni caso elemento sempre fondamentale di comunicazione. Ne vediamo molti, dallo Champagne immancabile ai brillanti di Diadema, dai cavalieri e castelli della Toscana di Simonetta Doni alle opere d’arte di Mouton Rotschild e le etichette parlanti. Mi sbilancio pure sulle nuove tendenze con cru, zonazioni e vigneti in bella mostra. Sarà vero?

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