Quelli che le Guide 2011 | Conservatorismo e innovazioni, la pace con il web e qualche idea per il futuro

In un mondo dove solo su Twitter più di 15 milioni di persone parlano di vino almeno 3 volte la settimana e in cui il 40% degli appassionati di vino discute su Facebook la sua ultima bevuta, e dove la Revue de Vin de France mette su stampa i link ai blogger più influenti, non deve stupire se la polemica guerra tra stampa e web (ben testimoniata da parole pesanti nelle edizioni 2009, 2010 di questo annuale ritrovo della critica enoica italiana) si sia quasi estinta da sola come un fuocherello sotto la pioggia del nuovo che avanza. La carta non farà più soldi, il web ancora non li fa ma i primi modelli di business interessanti ci sono e per fortuna la critica “old” si ricorda il loro ruolo e lo rivendica con forza, perdendo però ancora una volta l’occasione di sfruttare il grande vantaggio di conoscenze e professionalità che ha accumulato. Come tradizione spazio ai vari curatori che enunciano le caratteristiche delle proprie guide incalzati da Guido Ricciarelli e che mettono in evidenza le proprie caratteristiche riassunte in questi tweet .

Esordisce Thomases (Veronelli) per tornare sui cambiamenti di gusti della critica con le giravolte tra la barrique e il cabernet ieri e le acidità e le botti grandi autoctone di oggi, definendo assurdo l’eccesso di patriottismo e di favoritismo odierno verso i vini da vitigni indigeni, impossibile , come è invece successo, che una guida si rifiuti di visitare una nuova azienda perchè “troppo internazionale”; sui vini bio e naturali infine si ribadisce che l’importante è la qualità del vino non come viene fatto (e questo lo diceva anche Veronelli 20 anni fa quando i primi “bio” chiedevano un trattamento di favore nelle recensioni.

Tocca poi a Gariglio per Slowine dove invece per il fatto che la guida nasce da una associazione e un movimento con valori noti e molto importanti per i soci che i vini abbiamo un sentire ecologico e bio molto forte, coerenza innanzitutto. Inoltre non è vero che i vini non vengono giudicati, solo lo si fa spostando l’attenzione sulla cantina più che il singolo vino e soprattutto obbligando il lettore consumatore a leggere piuttosto che fissarsi con punteggi e numeri, narrazione fondamentale per la terra. Altre considerazioni di Giancarlo (condivisibili) le trovate qui.

Antonio Boco parla per il Gambero Rosso e ribadisce il proprio “conservatorismo” ovvero sul fatto che molte aziende hanno fatto quasi ex novo il vino in Italia dopo il metanolo ed è giusto che non vengano valutate come altre, la guida del Gambero ha più di ventanni di storia e questo è fondamentale non scordarsi da dove si viene. E non è comunque vero che sia così conservatrice , i numeri mostrano che in realtà scopre molte cantine nuove e premia vini più originali di altre ritenute più particolari. E rispetto a 20 anni fa, forse è vero che oggi c’è più attenzione alle aziende che ai singoli vini eccellenti che allora erano molto meno e più rari di adesso.

Ricciarelli snocciola i dati di originalità delle guide ed è curioso leggerli : Espresso Vini  135 premi unici (cioè che le altre guide non premiano) su 225 , 60% originalità , più simili a CinqueGrappoli Bibenda , pochi premiati, sembrano molto originali in realtà sono piuttosto conservatori alla fine,  Veronelli con 380 su 557 premiati solo da loro tasso di originalità alto 68% dei premi almeno di altri più vicini a Bibenda Ais 116 premi in comune.  D’Agata e Comparini hanno un 82% originalità e sugli altri premi è vicino a Bibenda ma hanno struttura molto diversa. Slowine premia in esclusiva 182 vini su 238 premiati , non lontano da gambero sugli altri grandi vini, del resto 25 anni di lavoro insieme non potevano non lasciare il segno. La guida Gambero Rosso ha 199 su 375 premiati quindi un valore relativamente basso di  53% originalità , per il resto più vicina a Bibenda Ais (105 su 176).  Vini Buoni TCI ne premia 196 su 279 con un 70% originalità, per il resto (41) più vicini a Gambero Rosso.

Curioso il capitolo delle “Convergenze mancate” ovvero vini premiati da tutte le 7 guide meno che una come ad esempio Slowine unica a non premiare (per lo scrivente, bravissimi!) il  Barolo Falletto 2007 Giacosa (decisamente sotto tono rispetto al consueto livello) , il Gambero che non premia Nobile Dei Bossona 07 e l’Espresso che non premia Terra di Lavoro Galardi 2009 (riassaggiato, secondo me ha ragione chi lo ha premiato). Altra  convergenza mancata per EDI Keber collio 2010 non premiato da Ian D’Agata, mentre Donnafugata Ben Rye non viene premiato da TCI  e il Soave di Gini non ha il premio solo da Veronelli.

Tempo anche per eleggere il vino premiato da TUTTE le guide ovvero il Brunello di Montalcino 2006 di Giulio Salvioni e l’azienda con più riconoscimenti che è Antinori addirittura con 13 premi d’eccellenza raccolti con tutte le proprie tenute in Italia (Toscana, Umbria, Piemonte, Puglia).

Nella discussione a seguire ottimi gli spunti di Antonio Boco che di fronte alla richiesta di mettere in discussione i giudizi dati in guida fa notare che al Gambero hanno la rivista e spesso viene usata per riassaggi, trebicchieri mancati e altre rielaborazioni dello storico fino a vere e proprie ammissioni di errore, caso unico in Italia. E aggiunge che  in Italia è comunque difficile perchè i produttori spesso non hanno la maturità necessaria per accettare certi giudizi, velocissimi ad esaltare un critico per una recensione positiva ma ancora più veloci a gridare alla scandalo se non arriva un bel punteggio per un altro vino.  Tra i contributi degli altri giornalisti presenti molto interessante quello di Paolo Valdastri che rammenta di fare attenzione che in realtà quelli che oggi sono più sotto esame non sono i vini e le aziende ma i giornalisti stessi,  i lettori giudicano e valutano le guide stesse in base a cosa consigliano i critici e spesso rispondono , adesso che possono farlo, online. I blogger ci sono abituati, i giornalisti?

Poche le polemiche e gli attacchi quest’anno ma certo ci farebbe piacere leggere in qualche guida anche da noi qualcosa come quello che scrive Bettane ovvero “vive la civilization du vin” riferendosi ai blogger del vino che hanno portato senz’altro umanità e capacità di confronto ad un mondo che è sempre ad un passo di diventare troppo autoreferenziale. Bello il prosieguo della serata a cena con l’assaggio di un centinaio di vini tra i migliori d’Italia da tutte le regioni con l’obbligatorio riassaggio del Brunello 2006 di Salvioni, oggettivamente incredibile per eleganza polpa e il ricordo che lascia e impressionante il livello dei vini di Antinori con un Solaia 2008 mai così buono e via via i classici forse un po’ immobili e datati come stile  ma sempre impeccabili come Tignanello, Cervaro della Sala e il Primitivo di Tormaresca. In giro per il resto d’Italia ci allarga il cuore ancora una volta l’Ansonaca del Giglio di Carfagna, il Quota 600 di Graci dall’Etna con slancio freschissimo, il Montepulciano Torre dei Beati,  il Galatrona Merlot 2009, i Sagrantino di Caprai e di Tabarrini, l’Orvieto di Barberani e in Piemonte lo stupendo Rocche 2007 di Ratti e Parusso, per non rammentare il grande Pajorè di Rizzi e Marchesi di Gresy in zona Barbaresco.

Ma citarne solo alcuni pare fare un torto al resto, davvero un’Italia di cui andare fieri e che va comunicata al meglio e al netto di ogni condizionamento cercando di sfruttare sempre  meglio gli strumenti della comunicazione e il grande patrimonio di professionalità che ci ritroviamo.

Quanto al fatto che dovremmo valutare solo quello che c’è nel bicchiere…io non sarei tanto d’accordo ma si vede che fa fatica (anche ai critici) andare più in là ed è meglio non fare troppo domande a giro, specie alle aziende!

Ed ecco perchè in ottica futura e non solo web, ci pare sempre attuale il Veronelli citato da Ricciarelli in chiusura…

2 thoughts on “Quelli che le Guide 2011 | Conservatorismo e innovazioni, la pace con il web e qualche idea per il futuro

  1. Bel report. Mi trova particolarmente daccordo il giudizio di Paolo Valdastri. Occorrerà cominciare a fare la guida dei giornalisti, sia per il numero esponenziale degli addetti negli ultimi dieci anni, sia per individuare l’orientamento politico, gustativo e commerciale… 😉
    Questa categoria oltretutto rischia di veder abolito l’ordine con i nuovi provvedimenti governativi, e questo sarà la vera novità del futuro: la distinzione tra giornalista e blogger si assottiglierà.

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