Twilight visto da Van Gogh 100 anni prima: come prendere la morte per raggiungere le stelle

Non è da tutti raggiungere i propri sogni prima di morire, anche se non ci si spara al petto come Vincent. Che aveva diverse ossessioni ma poche così forti come la ricerca della descrizione pittorica della notte, da lui definita come contenitore di cose molto più vitali e affascinanti rispetto al giorno.

E soprattutto di notte, ci sono le stelle, e con le stelle la speranza.Leggo per caso sul Corriere di sabato che ad Amsterdam fino al 7 Giugno al museo Van Gogh c’è questa mostra tematica sui Colori della Notte, e non mi faccio scappare l’occasione, visto che sono qui tra una cena didattica al Segugio e una lezione in aula.

Chiunque adori Van Gogh ammetterò che gran parte del fascino dei suoi quadri spesso risiede in quel continuo lavoro sull’illuminazione e i chiaroscuri che partendo dallo studio di Corot, Delacroix, Rembrandt (ovviamente, qui presente con un dipinto della sua bottega, una rara “Sacra Famiglia” con Gesù cullato da S. Anna mentre Maria è intenta a leggere al lume di una candela) e Millet arriva ad una interpretazione moderna della luce e del colore che ha pochi eguali nella storia.

Quadri di paesaggi ma soprattutto di tramonti, di penombra dove il gioco della luce spesso è il tema fondamentale del quadro (o anche della cornice come nel quadro ambilight di Seurat (di solito al Moma) del tramonto sulla Senna). E gli amati quadri giapponesi, stavolta di Hiroshige, come la mondernissima stampa della vita nottura di Saruwakacho. E come per ogni sfida pittorica di Van Gogh la partenza è sempre l’imitazione del classico e la sua riscoperta tramite la tecnica, studiata nei minimi dettagli su libri, stampe e quadri ammirati dal vivo. E la mostra colpisce proprio perchè attorno all’ossessione per la luce si assiste da paesaggi desolati e realistici come The cottage (perfetto per un Evil Dead qualunque) e vagamente vampireschi (vedi Il tramonto tra i pioppi) ad esplosioni di luce e colori quasi inaspettate come l’incredibile carica di luce emanata da “Paesaggio al crepuscolo“, dove il cielo letteralmente esplode di giallo, arancio e oro con lampi blu soffocati nel mezzo.

Il maestro mi perdonerà ma l’effetto dal vivo è tremendamente simile appunto a quello della pelle dei vampiri di Twilight (il film) esposti al sole diretto, una specie di glitter in continuo movimento. (vi prego guardate la tela zoomata qui).

Nella stessa stanza c’è poi tutta la genesi del celeberrimo I Mangiatori di Patate con un dettagliatissimo “making of” a partire dagli studi e le ricerche di Vincent fino al risultato finale, compreso cambio di luce da diurna a candela. Si salgono le scale e ci si addentra nella “cozza” come affettuosamente gli olandesi chiamano il padiglione esterno al Museo che ospita le esposizione temporanee e salendo si leggono le frasi di Vincent che dichiara di aver sempre cercato di dipingere la notte e di aver avuto da sempre il bisogno delle stelle e la speranza in qualcosa, forse anche una religione.

Anche quando dipinge un seme che cade tra i solchi arati al crepuscolo, Van Gogh si interroga come la luce del crepuscolo possa far rifulgere i semi stessi e cambia il colore dei semi che cadono per catturare la luce che li pervade. Poi ecco le stelle (cui voleva arrivare) su un paesaggio (Il cielo stellato sul Rodano), prima un pò più realistico ma già con le stelle distorte per fondersi meglio alla città e alle persone.

Già qui si legge che la mente di Van Gogh aumenta la magnitudo del cielo stellato per far sì che le stelle siano più vicine, più calde, fino quasi a raggiungere la terra.

Di qui al famosissimo Starry Night il passo è breve ma è come il riassunto di anni di un percorso di avvicinamento tra cielo e terra, tra stelle e uomo che nel cielo vorticoso azzurro (ma siamo sicuri di essere di notte) si trasfigura fino a dare quasi alcuna soluzione di continuità tra gli astri sempre più vicini e però sempre così irrangiungibili.

Vincent riesce persino a dipingere una strada provenzale di notte sotto una risicatissima falce di luna con colori che tutti noi useremmo di giorno, ma arrivati a questo punto siamo totalmente d’accordo con lui sulla necessità che le stelle vengano giù a colmare il grande vuoto che c’è attorno a noie che ci impedisce di essere felici e completi fino in fondo.

A leggere le interpretazioni di Starry Night c’è da impazzire per capire il senso, ma basta sedersi per terra di fronte al quadro per sentirsi parte del grande anelito all’infinito di Van Gogh che chiama il cielo a vivere la sua passione e la sua ricerca. Il cielo stellato pare quasi rispondere con ogni luce di cui dispone e la terra quasi diventa dello stesso colore ma la luce delle stelle non può arrivare mai davvero fino a terra, il cipresso resta oscuro e la terra distante, separata dal cielo da un turbine di colore.

E noi con lui ci domandiamo “Come prendiamo il treno per Tarascon o Rouen, perchè non possiamo prendere la morte per arrivare alle stelle?”

“Starry night” sarà in mostra ad Amsterdam fino al 7 Giugno, poi ritorna a New York, io un salto ce lo farei…