Umami: quello che ne so io…(cioè poco)

Qualcuno ha già risposto sul proprio blog (vedi Aldo) mentre altri si stanno documentando. Dato che mi pare che l’argomento sia caldo, approffitto per pubblicare qui come mi avete richiesto le mie risposte al questionario sottopostomi da Mauro Pratesi qualche giorno fa e di cui vi parlavo l’altro ieri.

Dunque, ma vi prego non prendetele per oro colato, si tratta solo di alcune mie osservazioni raccolte negli assaggi degli ultimi 4 mesi. Prima mi pareva di avere 4 gusti solamente come quasi tutti.

  • A quali sostanze ritieni sia dovuto il gusto umami che si avverte in alcuni vini?

Considerando che il gusto umami pare maggiormente presente nei vini più concentrati e/o macerati (ovvero ottenuti lasciando sulle bucce un periodo di tempo piuttosto lungo il mosto) direi che dipenda in gran parte da sostanze già presenti nell’uva che però possono fare sentirsi più o meno in base a certe pratiche enologiche. Del resto l’acido glutammico è uno degli aminoacidi più presenti nel mosto ma anche uno di quelli che maggiormente si riducono in quantità nel processo di fermentazione. Quindi diciamo che vini più concentrati ottenuti da uve più mature hanno più umami di altri e che più lunga e complessa sarà la trasformazione enologica, maggiore sarà l’effetto umami. Vini “costruiti” in laboratorio (aggiunta di tannini, concentratori e altro) mi pare abbiano effetti molto meno rilevanti sull’umami.  

  • Pensi che questo gusto sia un elemento di qualità, che conferisca al vino un pregio maggiore?

Visto che in gran parte dipende dalla concentrazione, dall’estratto secco e dalla pratica enologica seguita direi di sì, un vino umami ha certamente maggior pregio, anche se non è ovviamente sufficiente a farne un vino gradevole e o di punteggio elevato. 

  • Pensi che sia possibile avvertire il gusto umami per il normale consumatore, anche in mancanza di un’educazione sensoriale specifica, così come molti avvertono spontaneamente il dolce, il salato, l’amaro e l’acido?

Credo basti fare due esempi (pomodoro e parmigiano reggiano) per fugare ogni dubbio e chiarire molto il concetto. E anche confrontando due parmigiano reggiano a diversa stagionatura e costo si avverte chiaramente una differenza in termini di saporosità. La nostra cucina è talmente basata sul pomodoro e sul brodo, e al mito dell’aggiunta di parmigiano ogni dove, che il consumatore è già predisposto ad accettare ed avvertire l’umami. 

  • A proposito di educazione sensoriale, ritieni che l’attuale didattica, nei corsi tenuti dall’AIS e da altri soggetti qualificati, assegni all’umami lo spazio che gli compete, sia nell’analisi organolettica che nella tematica degli abbinamenti?

Per adesso mi pare che l’AIS si stia muovendo cautamente inserendo l’umami in seminari e situazioni specifiche per valutare la reazione da parte dei sommelier a questa novità. Non escludo che nella prossima revisione dei testi didattici possa essere inserito l’umami ma al momento resta materia per pochi “iniziati”: 

  • In base alla tua esperienza, come pensi che l’umami interagisca con gli altri gusti fondamentali, e in generale quale ruolo e quale peso pensi che abbia nella degustazione?

Agendo da esaltatore di gusto e di saporosità direi che agisce in maniera sinergica esaltando componenti soprattutto fisiche, dando una sorta di tridimensionalità al vino che risulta non solo fatto da componenti dure e morbide ma anche di una componente umami. Probabilmente al momento attuale la valutazione dell’umami sta fra quella del corpo, della morbidezza e della sapidità di un vino. In inglese forse è accostabile al termine “texture”. 

  • Ritieni che la presenza sensibile del gusto umami in un vino debba essere uno dei criteri guida nell’abbinamento?

Su questo non ho le idee molto chiare ma sicuramente il modello classico AIS di concordanza e contrapposizione ha alcune lacune che la teoria sull’umami potrebbe contribuire a chiarire. 

  • Come ci si deve comportare se invece siamo chiamati a scegliere un vino per abbinare ad un cibo in cui il gusto umami è in evidenza? Quali caratteristiche specifiche dovrà avere il vino?

Sicuramente in presenza di cibi con umami evidente e vini che ne hanno poco, si rischia di ottenere una prevalenza netta del piatto sul vino e anche viceversa un vino ad alto umami tende  a schiacciare piatti che ne sono privi o poco dotati. E’ una sensazione descrivibile come una sensazione di pochezza del vino o del cibo nei confronti dell’altro che in genere forse veniva analizzata confrontando il corpo di un vino e il grado di strutturazione di un piatto. E vini con scarso umami spesso bevuti su preparazioni ad alto umami risultano scontrosi, amari o comunque davvero poco graditi. 

  • Cosa accade quando si abbinano un cibo e un vino entrambi fortemente connotati da un gusto umami?

Credo che foie gras e sauternes (qualche mio amico mi dice anche vitello tonnato e pinot gris alsaziano) siano la dimostrazione lampante che si tratti degli abbinamenti più riusciti e appaganti così come un bel parmigiano reggiano con un Brunello di montalcino o altri vini con spiccato umami (direi solo una minima parte del totale). 

Ok, ecco, contenti voi…