Vini d’alta quota dalla Sicilia alle Dolomiti passando per la Grecia, su Business People di gennaio in edicola

In pieno inverno come siamo, è facile lasciarsi andare alle fantasie evocate dalle montagne, dalla sua idea di purezza, di maestosità, di naturalità incontaminata. Su Business People in edicola da oggi discutiamo le sue idee di salute, di forza e struggente malinconia che sembrano adattarsi benissimo all’idea della vite che da sempre ha provato ad arrampicarsi sulle vette e quasi sfidare i produttori a realizzare vini  che riuscissero ad evocare le stesse sensazioni.

Cosa si intende per vino di montagna

I produttori di vino hanno una spiccata tendenza a lavorare di fantasia quindi la parola “montagna” viene spesso usata in senso molto lato basti pensare alla famosa Montagna di Reims dove vengono prodotti tra i migliori Champagne a base Pinot Nero che in realtà è poco più di una collinetta. La dizione fa gola perchè in effetti i vini prodotti in zone oltre i 1000 metri in condizioni climatiche e geologiche estreme riescono a dare vita a vini molto freschi (cioè molto acidi) semplici da bere e versatili negli abbinamenti con i cibi, capaci di grande longevità in bottiglia e infine portatori delle suggestioni più potenti grazie al fatto che mai come in questi casi il lavoro dell’uomo si avvicina all’eroismo. Eroismo per la lavorazione obbligatoriamente manuale delle uve e eroismo nello strappare alla montagna il maggior spazio vitato possibile ricorrendo alla costruzione di terrazzamenti fascinosi e bellissimi da vedere, uno dei rari casi in cui l’azione umana sulla natura da’ luogo a qualcosa di affascinante.

Svizzera

Dici montagna e la prima nazione che balza in testa è ovviamente la Svizzera che sembrerebbe  un habitat inospitale per la vite. Invece grazie ai numerosi laghi, al  vento  caldo föhn che arriva dalla valle del Rodano, e la naturale protezione data dalle montagne dello Jura il miracolo è possibile. I vigneti posti a quota più elevata in Svizzera si trovano nel Vallese ai piedi del Monte Cervino dove la forte escursione termica tra il giorno e la notte nel periodo che precede la maturazione dell’uva, garantisce freschezza e fragranza nei profumi. Qui si producono sia rossi, dal vitigno Cornalin, concentrati, ricchi di colore e di tannino, di grande impatto olfattivo con ricordi di frutti a bacca rossa e spezie, cuoio e fiori appassiti, da provare con il geschnetzeltes zurighese a base di carne. Tra i bianchi cercate i vini dal vitigno Chasselas doré intensi e ricchi, come i Fendant di Rouvinez Vins e Robert Gilliard e il chiaretto “Dole”, assemblaggio di pinot nero e gamay e altri vitigni. Se avete in mente vacanze nella confederazione potete divertirvi a cercarli anche se non sono quasi mai economici.

Val d’Aosta e i vini dei Ghiacci perenni

L’idea della Montagna in Italia è quasi sempre la Val d’Aosta e in effetti è qui che si trovano i vigneti più alti d’Europa e uno dei vitigni  più commoventi ed eroici  in assoluto, il priè blanc. Siamo quasi a quota  1200 metri e solo quest’uva, unita alla pazienza di chi lo coltiva, riesce a trasportare a valle l’energia della montagna, il candore e la dolcezza  dei paesaggi innnevati e gli intatti profumi dello scenario alpino. Il priè blanc riesce a maturare qui perchè ha un germogliamento  tardivo (ovvero ad Aprile, evitando le gelate primaverili) e maturazione velocissima entro settembre. Tra le cantine più famose  troviamo  la Cave du Vin Blanc de Morgex et de la Salle che oltre a produrre molti vini secchi da priè blanc e spumanti  metodo classico molto originali produce anche un particolare vino da uve ghiacciate chiamato Chaudelune, prodotto almeno dal 1816. Si ottiene raccogliendo i grappoli ghiacciati direttamente dalle vigne, di notte, quando la temperatura scende intorno a -7 gradi o anche meno. Le uve congelate e delicate conservano al loro interno una piccola zona liquida dove si sono concentrate tutte le sostanze aromatiche e zuccherine dell’uva ed è questo “cuore” che viene raccolto pressando. Si ottengono vini  dolci ma soprattutto ricchi di note speziate di origano, timo, mentuccia, agrumati in bocca e finale sapido e lunghissimo. Ma i vini di ghiaccio non sono comunque una invenzione valdostana piuttosto provengono dall’Austria e dalla Germania (dove si chiamano EisWein, sono dolcissimi e sono prodotti non solo in alta quota), mentre quelli più famosi a livello mondiale provengono da un’altra nazione “estrema” per la viticoltua ovvero il Canada grazie all’opera dell’azienda Inniskillin. Nome irlandese per una fattoria acquistata da un friulano (Ziraldo) fuggito qua negli anni ‘20 e consigliato da un austriaco nel tentare la via del vino dei ghiacci. Via che si è rivelata fortunatissima perchè oggi vini come il Inniskillin Riesling VQA (che sta per “Doc”)  Niagara 2008 sono classici internazionali per gusto e aromi incredibili  (papaya, mango  maracuja)per fortuna facilmente reperibili anche da noi grazie a Banfi Distribuzione.  La stessa tipologia IceWine pare aver affascinato anche i cinesi che hanno lanciato un progetto di viticoltura nella loro regione montuosa del Liaoning che vedrà  a regime la produzione di oltre 400 ettolitri/annui , pari a quasi la metà di tutto il vino di ghiaccio attualmente prodotto al mondo.

Etna carricante

Facile pensare a vigneti in quota nel nord italiano, meno facile pensare che vigneti molto vicini ai mille metri si possano trovare su un’isola come la Sicilia. Qui il vulcano Etna produce ormai da qualche anno vini già famosi e ricercati come i rossi da nerello mascalese  e i “nuovi” bianchi da uve Carricante, il cui nome deriva dalla capacità di “carricare” in maniera veloce i cesti di raccolta delle uve, garanzia di reddito e produttività  per i coltivatori della zona. Quasi sempre usato in uvaggio per aiutare i rossi locali, solo negli ultimi 20 anni si è scoperto come grande vino bianco dalle inaspettate doti di sapidità, longevità e profumi molo particolari di frutta bianca, fiori d’arancio,  anice, il tutto arricchito dalla classica nota di zolfanello dei terreni vulcanici una alta acidità. Vino che fa di tutto per non apparire siciliano e mediterraneo e si avvicina quasi ad una espressione alto atesina. Vini che conviene bere dopo almeno un anno in bottiglia dopo la vendemmia per poterne cogliere ogni sfumatura. Sul mercato si trovano carricante 100% di Planeta e di Gulfi, oltre all’ormai classico Tenuta delle terre Nere ma con un po’ di sforzo anche altri “piccoli” che vale la pena provare come A Puddara della Tenuta di Fessina o Calabretta. Vini che non solo raccontano l’energia e il calore di una montagna sui generis come l’Etna, ma che lo fanno in maniera estremamente naturale evitando trattamenti fitosanitari eccessivi e lavorando in cantina in maniera da mediare il meno possibile tra la montagna e il consumatore: emozioni assicurate a chi li beve socchiudendo gli occhi, per non  parlare di chi decide di toccare con mano la bellezza delle zone vitate da cui provengono.

Grecia

La Sicilia non è certo l’unica  isola mediterranea a poter vantare grandi montagne…per esempio Rodi, l’isola principale dell’arcipelago del Dodecaneso, ha vigneti in alta quota (oltre 1200mt slm) sul monte Attaviros. Elisabetta Tosi, giornalista di vino e curatrice del blog VinoPigro, ci racconta che “ Rodi è stata una delle prime isole dell’Egeo a praticarla e a produrre vino, diventando il più importante mercato di vini e prodotti agricoli a partire dalla meta’ del VII secolo con tanto di marchio a tutelarne una DOC ante litteram”. La cantina più importante e famosa (suoi i vini che allietano i novelli sposi nella trasposizione cinematografica con Meryl Streep del 2008 basata sul musical  Mamma mia! sugli Abba) è CAIR: Compagnia Agricola Italiana Rodi, fondata appunto da italiani nel 1928. Produce vino rosso da uve mandelari, rosati e vini dolci tradizionali ma soprattutto spumanti metodo Classico, da uve “athiri” con un 30% di chardonnay. Sono vini mediterranei ma che conservano la freschezza e  la sapidità dei terreni di montagna con note di ananas e pompelmo, nocciola, pane tostato e interessante sapidità nel finale dove si congiungono idealmente le influenze del mare e della montagna.

Valtellina Superiore e Sfursat

Torniamo in Italia e a Nord in Lombardia ed ecco una delle zone più note dal punto di vista paesaggistico e gastronomico che riesce sempre a stregare, grazie all’area di terrazzamenti più grande d’Europa.Stiamo parlando della Valtellina, dove la produzione di vino pregiato è antichissima e dove insistono addirittura due DOCG, lo Sforzato di Valtellina e il Valtellina Superiore con le sottozone Maroggia, Sassella, Grumello, Inferno e Valgella.  Valtellina è un vino rosso importante ottenuto da uve nebbiolo e affinato in legno mentre lo Sfursat è ottenuto dalle medesime uve ma sottoposte ad appassimento per almeno 100 giorni negli storici “fruttai”, in maniera simile a quanto accade per l’Amarone della Valpolicella ma con esiti meno imponenti e spesso maggior finezza nonostante le gradazioni alcoliche spesso elevate (come è ovvio per un vino prodotte da uve che perdono oltre il 40% dell’acqua prima di essere vinificate).
Per accentuare ancora il carattere montanaro del vino, non bastasse la sua origine sulle terrazze della valle da cui le uve vengono portate via in piccole ceste da 10 kg per volta, ecco che recentemente è stato inaugurato il Centro di Affinamento d’alta quota a quasi 3000 metri di quota sulla scorta della tradizione popolare che assicurava che più il vino sale, migliore diventa.
Ma che cosa dobbiamo aspettarci da uno sfursat della Valtellina? Denso e compatto in bocca e però così diafano alla vista, il classico inganno del Nebbiolo (famoso per il poco colore) qui si traduce in un vino ricchissimo in tannini e acidità con un finale amarognolo che lo rendono eccellente in abbinamento ad esempio a fegatelli cotti nella rete o altre preparazioni dei fori contrasti. AL naso cascata di sensazioni fruttare e floreali con una ventaglio di spezie molto interessante.
Sia lo Sfursat ma soprattutto il Valtellina Superiore vogliono piatti tradizionali valtellinesi, come i pizzocheri e lo sciatt.
Tra le aziende maggiormente rappresentative, non mancate l’assaggio con i vini  di Triacca, Nino Negri ma soprattutto di Ar.Pe.Pe (dalle iniziali di  Arturo Pelizzatti Perego) con sede in Sassella. Struggente per purezza, ricchezza e semplicità degustativa il Vigna Regina 1999 che ha longevità e classe paragonabili agli altri grandi vini da nebbiolo piemontesi. Un vino di pietra , che sa di roccia, minerale ma soprattutto di rosa, viola, di cuoio, tabacco e ruggine senza perdere in fruttuosità matura. un vino che esce quasi dopo 10 anni di affinamento, che non tradisce la propria origine “elevata” ma si mantiene diretto, schietto, suadente e coinvolgente come pochissimi altri, in questo assomigliando molto alle montagne di cui si fa portavoce e testimone nel mondo.

Trentino e Dolomiti

Le montagne più belle e personali del mondo (parole di Messner nel suo ultimo libro) si scorgono di lontano e proiettano la loro rudezza e i loro azzardi nella figura e nei vigneti di  Mario Pojer,  il produttore (insieme a Fiorentino Sandri titolare della Pojer e Sandri) ma anche enologo-innovatore che ricerca incessamente nuove possibilità tecniche per esprimere un vino e il territorio dove nasce. Basti rammentare il suo innovativo sistema di lavaggio delle uve bianche prima della vinificazione, un modo per eliminare batteri, sporcizia e altro dagli acini e lasciar lavorare meglio i lieviti autoctoni, respnsabili di un prodotto più genuino e caratteristico.
Una delle sue ultime creazioni è emblematica, ovvero FILII , un Bianco Dolomiti IGT da Riesling, e i propri eredi, figli (FILII): Muller thurgau – Kerner – Incrocio manzoni.
I vigneti sono a Faedo a 550–750 m. s.l.m. con esposizione Sud–Est, posizione alquanto ventilata.  Ispirato ai vini tedeschi della Mosella, è un vino minimante alcolico (9%), puro nitido e freschissimo come l’aria di montagna con le sue note di cedro, mentuccia e fiori bianchi ma capace anche di farci viverw la magia del sole di alta quota che riscalda con note tropicali e fruttate (albicocca, papaya, pompelmo rosa). infine il lieve residuo zuccherino in bocca che pare la zolletta che consumiamo prima di una salita per ritrovare energia e voglia di affrontare la salita.

Bere o Viaggiare?  Conclusione

Un panorama affascinante che lega uomo, paesaggio e sensazioni evocative che certi luoghi magici riescono ad esprimere. Magari non potremo girare l’Europa questo inverno con i nostri scarponi ma potremo senza dubbio farlo con il cuore e con la testa grazie a questi (e altri) vini, naturalmente puri, alti e immaginifici come i paesaggi di montagna che li vedono nascere.