Esploratori del Gusto Santa Margherita 2011 al Four Seasons Milano | Gad Lerner, Alessandro Mari e i vincitori Roberto, Laura ed Emanuela

Grande ritrovo ieri sera al Four Seasons Milano per l’annuale annuncio dei vincitori del Premio Santa Margherita dedicato agli Esploratori del Gusto ma soprattutto della parola, ovvero chiunque si volesse cimentare nello scrivere un racconto (max 4mila parole) sul tema del vino. Tanti ospiti di tutto il mondo del vino (lustratevi gli occhi sulle foto di Ezio Zigliani) e due dei 3 autori DOC con Gad Lerner e Alessandro Mari e ovviamente i vincitori.  Io personalmente ero lì per cercare di carpire segreti su come scrivere meglio e visto gli autori presenti, gli stimoli (e l’invidia) non sono mancati!Molto carino l’intervento di Gad Lerner falso modesto nel riportare la sua esperienza di racconto (che prima o poi verrà reso pubblico!)

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Grandi applausi ed accoglienza per Alessandro MAri che ci parla di come sia difficile contenere in 4mila caratteri la verve di uno scrittore prolisso da 750 pagine di romanzo ( bravissimo e pure belloccio a sentire la platea femminile):

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Mancava Enrico Ruggeri, il terzo autore doc, ma non ce ne siamo accorti perchè la lettura dei racconti vincitori (e che finiranno su centinaia di migliaia di bottiglie di Pinot Grigio, Muller Thurgau e Chardonnay) è stata molto coinvolgente.

Qui i nomi e i racconti dei vincitori e i loro profili:

Roberto Cipolato 1° classificato con “La bottiglia del 1915 e il ragazzo del 99”

Laura Visconti 2° classificato con “I cinque sensi”

Emanuela Pozzan 3° classificato con “Prodigio di semplicità” (che abbiamo registrato letta dal vivo alla premiazione)

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Roberto Cipolato – Cinquantadue anni, lavora nell’ambiente aereonautico da più di trenta anni. Scrittore per diletto, ha scoperto che è un buon modo di raccontarsi ai figli. Nei suoi racconti sono presenti i suoi sogni, le sue esperienze, ciò che è e che vorrebbe essere. Trae molte delle sue aspirazione dalla tranquillità dell’ambiente montano. A giugno ha vinto il suo primo concorso letterario, indetto dal Comune di Vigonza (PD).

Laura Visconti – Venticinque anni, vive a Spinea in provincia di Venezia. Dopo aver conseguito la laurea triennale in servizio sociale all’Università di Venezia e la laurea specialistica in politiche e servizi sociali all’Università di Verona è diventata un’assistente sociale. Allo studio ha sempre affiancato attività di volontariato nel sociale e hobby quali la lettura la fotografia, lo sport, la musica, la scrittura, il cinema.

Emanuela Pozzan – Nata a Schio (VI) il 4 maggio 1975. Dopo aver frequentato le scuole dell’obbligo si è diplomata come analista contabile con il massimo dei voti per poi diventare responsabile contabilità di un’azienda nel vicentino. Oggi si dedica alla sue passioni: la lettura, la scrittura e il volontariato tramite l’associazione Uildm.

Purtroppo non siamo rimasti per gustarsi le prelibatezze di Sergio Mei ma l’impressione è stata quella che ancora una volta unire la passione per il bello scrivere e il bel bere sia un tema affascinante e che arricchisce entrambi i mondi, ponendo nuove sfide comunicative e facendo nascere idee e spunti interessanti per il futuro del vino e anche del libro.

Ci pensate cosa vuol dire un racconto stampato  in 700mila copie cartacee? Che poi sia su una bottiglia o su un volume in libreria, ai tempi dei QR e della realtà aumentata,  fa la sua differenza oppue no?

Spunti, appunto, di riflessione futura…

Provate a leggere intanto il racconto del vincitore e poi mi dite!

 

Il racconto del primo classificato
LA BOTTIGLIA DEL 1915 E IL RAGAZZO DEL 99

“Eh, quella mi sa che non gliela posso proprio dare”. La risposta era stata gentile, quasi a scusarsi. Eppure la mia ricetta di risotto ai funghi voleva un vino schietto come compagno e quella bottiglia di raboso che vedevo sullo scaffale mi sembrava perfetta. ”Le dò tutta la cantina se vuole ma questa del quindici proprio non posso”. Lo guardai un pò deluso, ormai quella di cercare da solo il vino migliore era diventata una piacevole mania, dalla volta che un vino triste mandò in malora una cena importante. Il vecchio affettò qualche fetta di salame e prese una bottiglia. Mi portò a sedere attorno ad un tavolaccio piazzato di sghimbescio tra i filari che si perdevano a vista d’occhio lungo il pendio della collina. Due bicchieri e una piacevole chiacchierata tra i vigneti di questa splendida terra. In poco tempo mi perdo nelle sue parole. Non sono più un famoso chef alla ricerca di pregiate bottiglie di vini autoctoni da accompagnare a ricette esclusive, sono un anonimo viandante che ascolta la storia da un uomo che ne ha fatto parte. Una storia aspra come quest’uva, dura come questa terra mai doma. “Sa, era destinata alla mensa ufficiali perchè il vino per noi era poco più di acqua sporca. Il carretto delle salmerie fu colpito in pieno da un obice ma quella bottiglia era rimasta miracolosamente intatta. L’avevo portata in trincea e subito iniziò il bombardamento. Con i miei compagni eravamo pronti con il gavettino, quasi per morir contenti se così si può dire, un’altra botta e poi l’apro mi dicevo. La serbavo per il gran finale, erano momenti tremendi e interminabili. Ma non l’ho aperta sa, e quando la guerra è finita me la son portata con me e ogni volta che la vita passava a tormentarmi aprivo la credenza ma poi la richiudevo. La serbavo per qualcosa di speciale ma ogni volta ripensavo alla trincea, ai miei compagni, a quelli che son morti e per che cosa hanno dato la vita…” In trincea tutto era assurdo e quella bottiglia era l’unica cosa che invece sapeva di vita, di armonia, di bello e così mi ci sono aggrappato. Quando la guerra è finita mi sono dedicato a questo, a tirar su vigneti a tirar su “vita” e mentre lo diceva accarrezzò amorevolmente con lo sguardo la collina. Lo ascoltai per un’ora buona e quando finì i suoi occhi erano umidi ma l’espressione del viso orgogliosa. A dispetto degli anni si alzò quasi di scatto: “Lasciamo perdere il 1915, venga, le insegno un segreto” e rientrammo in cantina. “Il raboso, se lo invecchia in botti di rovere piccole come questa magnifica il suo gusto” disse battendo con soddisfazione la mano sul legno ” ma non vada oltre i dieci anni, rimarrebbe solo una vecchia bottiglia”. Mi accompagnò alla macchina infilando nel baule un refosco del 1961, a suo dire l’annata migliore in assoluto. Presi mano al portafoglio. “Non voglio niente, un centenario lo ascoltano in pochi, è solo un vecchio baule di stanchi ricordi e mi ha fatto piacere chiacchierare”. I funghi porcini hanno un piacevole odore di terra muschiata appena percettibile e mentre attendo che si indorino sorseggio da un calice il tuo vino che ne sublima il gusto. Ripenso alla tua ultima frase nel vigneto, mentre accarezzi i grappoli maturi ormai pronti per la vendemmia, le parole smorzate dai ricordi, screziate dalla vita: “ L’uomo sa metter cura e amore, passione e poi…? “ E io penso ai buoni aggettivi che l’uomo quando non distrugge sa ricavare dalle cose, anche da questo fantastico nettare, al bel color rubino, ai riflessi granati, al suo splendido bouquet, ampio e pieno che ricorda le violette di campo…ed in silenzio brindo a te ragazzo del 99, alla bottiglia che non hai mai aperto e alla Tua vita che non è stata sempre ciò che volevi perché la mia fosse migliore. Dedicato a mio nonno ragazzo del 99.

Trovate tanto altro sull’attivissima vita sociale del gruppo ovvero:

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