Bevute

Assaggi di vino distillati con punteggio, spesso con video degustazione

Una serata rosata Fuori…porta

fuoriportaLo so il titolo del post è banale però vi assicuro che è l’unica parte banale della serata di ieri sera…Non sono io che posso scoprire per voi (molti mi hanno preceduto in questi 20 anni…) l’osteria FuoriPorta in San Niccolò a Firenze e soprattutto non sono il primo che parla della sua enciclopedica carta dei vini che mantiene intatto il suo fascino e soprattutto si lascia bere benissimo grazie alla scelta sempre intelligente dei vini al bicchiere. Ieri sera festeggiavamo il 39° compleanno di un amico Gherardo della Abraxas Records insieme a sommelier noti e meno noti (compreso Riccardo Margheri) e visto che pure lui è un grande appassionato e acculturato bevitore di vino (nonchè cliente affezionato delle serate enoiche da Burde…) quale posto migliore dell’Osteria di Andrea Conti??? Si mangia più che bene, si sta freschi, il personale è gentile (con punte di eccellenza, vedi l’ostessa Daniela) e ciò che è più importante per un sommelier, si possono assaggiare vini mai banali. Voglio dire, a parte i “soliti” (per me) Chianti e Morellini di livello, ieri per esempio c’era il Carmenero di Cà del Bosco, piuttosto che il Red Angel Pinot Nero di Jermann o un Fleur du Cap Passito del SudAfrica…
Insomma, ogni 3-4 mesi cerco sempre di liberarmi una serata per approfondire la conoscenza di vini e vitigni grazie ai camerieri cui chiedo sempre di portare a me e ai miei poveri commensali calici “anonimi” che poi cerchiamo di riconoscere a turno partendo da profumi e sapori che riusciamo a cogliere nei bicchieri.
viogner calatrasiFra gli assaggi di ieri, vi segnalo un buonissimo Viogner (un mio “pallino” recente) di Calatrasi Accademia del Sole, dai profumi tipici di albicocca miele e pesca bianca, resi un pò più caldi dal sole siciliano ma sempre affascinanti. In bocca non elegantissimo ma sempre un gran bere. Tra i rossi siamo rimasti un pò perplessi dal Red Angel di Jermann (comunque da provare, ma ieri sembrava più un pinot nero toscano che friulano) mentre abbiamo avuto riprova della grande piacevolezza del Nero d’Avola Zisola dei Mazzei.
Ci è sembrato un pò troppo legnoso (ma sempre piacevole) il Teroldego di Foradori (la “base” del mitico Granato) in cui il frutto faticava un pò a farsi strada tra la cipria della barrique. teroldego foradori.
Al naso era veramente buonissimo invece il Nebbiolo d’Alba di Sandrone, iper conosciuto per i suoi Barolo, primo fra tutti il Cannubi Boschis.
ieri nel bicchiere avevamo il Nebbiolo d’Alba sandrone nebbiolo Valmaggiore e al naso era veramente di uno spessore superiore con rosa, ciliegia sotto spirito e spezie varie. In bocca un pò poco ruvido con tannini forse un pò troppo leggeri (ma il 2003 è stato difficile) ma decisamente interessante.
Tornando al nome del post, ieri sera finito di mangiare cercavamo qualche bollicina per finire in bellezza. Devo dire che le bollicine sono forse la specialità più “negletta” nella carta del FuoriPorta…non che ne abbia bisogno visto che non fa aperitivo e non serve ostriche, pesce particolare e cibi simili il cui abbinamento modaiolo richiama sempre le bollicine, però ecco in chiusura di serata il sommelier un pò evoluto e snob cerca sempre di chiudere con la bolla (anche perchè le papille sono ormai piallate dai tannini e le narici anestetizzate dai mille profumi assaggiati nelle ore precedenti). champagne hemart rosèEcco che allora abbiamo chiesto a Daniela di consigliarci una bollicina senza spendere un capitale (altrimenti saremmo andati a bomba sulla mammina di Zanella, Annamaria Clementi) e è venuto fuori questo N.V. Champagne Francois Hemart Brut Rose della casa madre Henry Giraud da Ay. Raramente ho ricevuto una dritta migliore! E’ vero che lo Champagne rosè sta attraversando un momeno commercial a dir poco di grazia ma ciò che cerca il pubblico normalmente sono profumi fruttati stile brachetto, piacevolezza, bollicine fini e spuma bianchissima che si veda bene sul rosa…E invece raramente cercano ciò che avevamo ieri nel bicchiere…ovvero un liquido color RAME (riprova che dagli champagne accettiamo tutto ciò che riufiuteremmo in qualsiasi altro vino) acceso lucente con un perlage finissimo ma non abbondante. Nel bicchiere ci ha messo una trentina di secondi per aprirsi ma poi è stato un effluvio di note di frutta elegantissime (fragole, ribes rosso, ciliegia), di caramello, di vermouth carpano, metalliche e dolci allo stesso tempo. Corredo di tostatura e minerale (iodio, gesso) quasi da manuale. In bocca le stesse note si aprivano in sfumature più carnose e fruttate, ma sempre finissime con una piacevole sapidità residua che rendeva invitante un altro bicchiere. Ci siamo tutti ricordati le parole di Roberto Bellini sulla difficoltà di valutare con i parametri classici uno champagne, per di più rosè, e la prova era davvero lì nei nostri bicchieri!
Insomma, va bene che al FuoriPorta non ci sono 300 etichette di champagne ma se quelle che ci sono sono tutte così, chi se ne frega!!! Mi acconteterò di quelle che ci sono…
Però chiaccherando ieri sera ci è venuta una idea balsana…e se Andrea avesse voglia di aprire un posticino dedicato alle bollicine? magari con la sua benedizione e l’aiuto di qualche sommelier interessato potrebbe nascere un “Bollicine FuoriPorta” o un “Fuori Bolla” che potrebbe anche avere un certo successo visto che a Firenze SCANDALOSAMENTE manca ancora una Champagneria di livello???? Se ti piace l’idea, batti un colpo Andrea che ti seguiamo ovunque!!!

Sangiovese di rincorsa…

vitigni …sugli altri vitigni, nella classifica americana pubblicata da Steve di De Long Wine.
Mi pare sia sempre tratta dallo studio di WineMetrics sui consumi americani a tavola addirittura su un campione di 10000 ristoranti (fate conto che in una guida gambero ce ne sono sui 3000 quindi vi fate una idea del campione direi abbastanza rappresentativo). Sinceramente pensavo il Sangiovese un pò più in alto dato che mi pare sia la decima varietà al mondo come coltivazione, e invece siamo “ancora” al nono posto. Certo, però che in effetti si può dire che almeno negli USA , Italia = sangiovese!
E come altra nota, pensavo che i vitigni spagnoli avessero già colonizzato la ristorazione americana, sarà questione di tempo…
Ecco la classifica:

VARIETY and % DISTRIBUTION
Cabernet Sauvignon 16.2%
Chardonnay 14.9%
Pinot Noir 9.6%
Merlot 9.0%
Cabernet Sauvignon Blends 8.0%
Syrah/Shiraz 5.2%
Sauvignon Blanc 4.5%
Zinfandel 3.9%
Sangiovese 3.4%
Pinot Grigio/Gris 2.8%
Riesling 2.2%
Other 20.2%

Ma a vostra conoscenza, esistono dati e studi simili in Italia? Voglio dire, a parte i numeri del vino che quel “santuomo” Marco Baccaglio ogni giorno spulcia per noi, esistono dei surveys così dettagliati???
Da Burde, per quanto vale, la classifica per vitigni sarebbe questa:

1 Sangiovese 75%
2 Cabernet 9 %
3 Vermentino 6%
4 Merlot 5%
5 Chardonnay (spumanti compresi) 4%
6 Pinot nero

e da voi come sarebbe???

Cosa bevono davvero gli americani…ecco domani Italia IGT!

winemetricsAl di là di annunci e roboanti cifre dei nostri esportatori ecco una bella classifica realizzta da Winemetrics e tratta da Vinography che riporta a suo valta l’esito id un report piuttosto curato sui consumi in volume di bottiglie nella ristorazione americana…
Il nostro campione è CAVIT! e su questo dovremmo essere contenti visto che nei top 25 l’unica altra azienda italiana è Ecco domani, conosciutissima in USA con etichette semplici d’impatto e modaiole (la parola “fashion” compare nel sito molto più di “wine”…) che sembrano essere uscite dal manuale del perfetto bocconiano! Uso del claim, frasi a effetto, messaggio chiaro, logo accattivante…eccodomani
Tanto di cappello a Fabrizio Gatto che è l’enologo dietro a questi vini che in effetti sembrano incorporare quello che gli americani chiedono all’italia ovvero moda e vino abbordabile e semplice da consumare…
Tanto semplice che, addirittura saltando tutte le nostre discussioni su Italia IGT, sono già arrivati alla DOC Italia…
Ecco come appare qui la scheda del Chianti Ecco Domani:

Varietal Content: Sangiovese 90% – Merlot 10%
Appellation: Italy
Alcohol: 12.6%
Residual sugar: 0.19 g/100ml
Total acidity: 0.56 g/100ml
pH: 3.6

Avete letto bene “appellation Italy”!
e allora mi sa che la questione se una IGT Italia deve nascere si risolve da sola…

p.s.
mi sono gustato un pò il sito di Cavit, secondo me fatto parecchio bene e persino con dei bei video (anche se un pò troppo agiografici) con le degustazioni dei vini! Bravi!!! Peccato che gli devi praticamente dare anche il codice fiscale per poterli vedere…
p.p.s
rispondendo a Slawka, il vino fatto per il mercato esiste davvero ed è pure italiano!!!

Classe di ferro: Chianti Classico San Donato in Perano 1973 (Gaiole in Chianti)

etichettaAl mare come vedete mi sono portato i compiti per le vacanza…ovvero tutti quei vini che nel normale tran tran di tutti i giorni non riesco a (de)gustarmi come vorrei, me li cumulo in una cassetta che porto con me in vacanza, tempo notoriamente in cui si dovrebbe avere qualche minuti in più per le funzioni preferite. Nel mio caso, provare vini fuori dal solito. E l’occasione stavolta viene da un intervento di un mio lettore Andrea Pagliantini che ha riconosciuto nella foto dei vini che avevo raccolto per il mio 34° compleanno qualche settimana fa un vino del Chianti Classico cui suo padre aveva lavorato e che aveva sempre dipinto come favoloso e soprattutto uno di quei vini “fatti come si facevano una volta, cioè con l’uva”.
Luoghi comuni a parte, è sempre interessante e istruttivo per un sommelier cimentarsi con annate così vecchie perchè colore, profumo e struttura dei vini sono così stravolti da costringerti a rivedere alcuni dei canoni usuali di degustazione dei vini. In particolare riscoprire una serie di descrittori aromatici veramente difficili da utilizzare se non in verticali molto profonde.
Ma vediamo cosa è rimasto di questo Chianti di ben 34 anni fa…
Innanzitutto due righe sulla conservazione. Si tratta di una bottiglia che ho trovato in cantina da Burde la cui temperatura varia tra i 15° invernali e i 22° estivi con umidità ideale intorno al 65%. tappo san donatoSi trova in cantina da Burde almeno dai primi anni 80 ma proveniva da una collezione privata di cui ignoro dati di conservazione. Assaggiare questo vino era quindi sia provare le capacità della cantina di Burde (arrivata intorno ormai alle 10mila bottiglie…) e anche capire cosa era il tanto vituperato Chianti degli anni 70 (ovvero quello pre-Tignanello). Il tappo si è presentato coperto di muffa e altro materiale nerastro polveroso ed era piuttosto cedevole ma al momento di girare il verme del cavatappi al suo interno ha offerto una certa resistenza e soprattutto si è udito un distinto “ssss” di fuoriuscita d’aria che mi rincuorato sul fatto che comunque aveva retto nel tempo.
colore san donatoIl vino si è presentato di un ovvio color marrone granato con lampi mogano piuttosto intriganti, non arancione o ossidazione spinta per intenderci.
Al naso stranamente si è aperto quasi subito e ha cominciato a spandere profumi decisamente piacevoli!
Grande è stata la mia sorpresa perchè mi immaginavo di dover aspettare almeno qualche minuto…invece ecco che una netta nota di prugna secca si faceva strada tra sentori di leggero goudron e deciso humus e sottobosco autunnale. Col tempo dal bicchiere sono usciti anche thè nero, fiori essiccati, un bellissimo aroma di sandalo, e tutt’intorno si delineava un quadro ancora più suadente di ferro, castagne, anice, paraffina. Tutte note degne di un gran Sangiovese, sicuramente aiutato da un pò di Canaiolo (ma anche qualche uva bianca ci sarà stata di sicuro). Note di profumi che in effetti ricordano più un Brunello che un Chianti Classico! E volendo fare un esempio più vicino, molto simili a quelli che ho sentito di recente alla Verticale di Bucerchiale della Fattoria Selvapiana alle Corti a San Casciano dove un grandioso 1966 tolse il fiato a tutti gli intervenuti (anche lì Sangiovese, Canaiolo e Trebbiano, però Chianti Rufina, più avvezzo a certi exploit di longevità). Tra l’altro, nel mio San Donato era presente anche il bellissimo profumo di “cesto di selvaggina morta” coniato dal grande Paolo Baracchino
In bocca, il San Donato 1973 (devo scriverlo di nuovo per crederci!) ha dimostrato una bevibilità estrema con una acidità ancora presente in grado di bilanciare insieme ai tannini il grado alcolico e far sì che il vino si dimostrasse anche al gusto inequivocabilmente VIVO e capace di regalare emozioni. bistecca san donatoHa deliziato la nostra cena a base di bistecca alla fiorentina la cui succulenza era ben gestita dal tannino e dall’alcol residuale. Certo il corpo non era più quello di un tempo ma faceva comunque bene la sua parte. Persistenza nell’ordine dei 4-5 secondi con nota di liquiriza netta, tabacco da masticare e marcata sensazione calorica al palato.
Che dire? Di sicuro non era un vino che all’epoca rientrava tra quelli considerati da conservare per decenni, frutto anche di un’annata buona ma non certo eccezionale…insomma un vino da tutti i giorni, da bersi giovani con due anni o 3 sulle spalle…e invece di anni ne sono passati 34 e questo vino sta ancora qui in piedi accanto a me ed è vivo e vitale, capace di dare una emozione rara alla mia tavola. Dico solo grazie al babbo di Andrea Pallantini di aver lavorato così bene allora e soprattutto continuo a pensare che togliere la possibilità di usare le uve bianche dal Chianti Classico sia stata più una mossa politica che enologica…

Le bollicine dell’Oca…le scelte di Armando Pardini

Uno dei piaceri preferiti di un sommelier (a parte ovviamente bere e assaggiare) è quello di andare in un locale famoso per la sua carta dei vini, curatissima, completissima ed enciclopedica (anche come formato stampa) e poter dire al povero malcapitato sommelier di turno: “faccia lei…”.
Del resto un sommelier se no che ci sta a fare? La sera arriviamo sempre stanchi e affamati e di tempo da perdere con le carte dei vini in genere se ne ha poco e a meno che non si voglia stupire un commensale con la nostra conoscenza di un rarissimo vino della carta, preferiamo sempre affidarsi alle cure di chi in teoria quei vini li ha scelti.
Ad Armando, oltre a chiedere “faccia lei” ho anche richiesto di presentarci 3 tipi diversi di champagne particolari possibilmente non uvaggio (quindi fatti con un vitigno solo) e non millesimati (questo perchè la considero una tipologia “invernale”). Ho aggiunto Poi che non volevo grossi nomi ma possibilmente piccoli produttori semi artigianale e non spendere un capitale…
Il che è frustrante quando in carta hai la creme de la creme della bollicina francese ma tant’è…
brochot meunier
Siamo partiti con questo Pinot Meunier in purezza di Andrè Brochot che ci ha piacevolmente deliziato con una bollicina fittissima (anche se un pò grossolana), robusto di corpo ma delicato di aromi e profumi, tutto giocato sul frutto pesca e albicocca con un lievito leggero e quasi dolce. Come Roberto Bellini ci insegna, netto e distinto abbiamo anche sentito il mitico sentore di “pinolo”, spesso presente nei Pinot Meunier. In bocca mostrava anche una bella sapidità che lo ha reso perfetto sui pici al pesce e fagioli.
lancelot blanc
Come secondo vino Armando ci ha proposto questo FAVOLOSO blanc de blancs da Chardonnay in purezza, Lancelot Royer , una selezione speciale (non più di 5 mila bottiglie/anno) per un artigiano che tiene i suoi vini di riserva in 3 botti di 30, 60 e 90 anni di vita…fa quasi tutto a mano e distribuisce non più di 30mila bottiglie all’anno in totale. Al primo naso è stato veramente da brividi con una particolare unione di nocciola burro e aromi floreali tipo mughetto ginestra e sentori decisi di pasticceria. Tutto intorno spezie invitanti e una nota di miele in sottofondo, Insomma un capolavoro!
pinot nero  boyer Il terzo champagne proposto è stato un Pinot Nero in purezza, la Cuveè Reserve di Bauser Les Riceys per i commensali l’archetipo dello champagne con i suoi profumi fruttati quasi di lampone e frutta rossa mescolati a note di gesso e croissant caldo. Sembrava in effetti un Veuve Cliquot un pò più deciso, comunnque complesso e avvincente, però a mio avviso il precedente era superiore (ma qui più sulla qualità oggettiva si va sui gusti personali!).
vintipodi greco di bianco
Sul finire mi sono imposto sugli altri commensali (che volevano smettere di bere…) e ho ordinato di mia iniziativa un vino dolce calabrese, curiosamente il vino dolce italiano meno costoso di quelli in lista) un rarissimo Greco di Bianco Passito 1997 di Vintripodi. Capito spesso in Calabria e pure lì non è facile trovare veri greco di bianco e quindi trovarlo a Viareggio mi è parso curioso. Il vino era color mogano con una bella consistenza e riflessi ambrati bellissimi. Al naso poca o nessuna ossidazione ma tanta spezia come sandalo e liquirizia con poi note di frutta secca (datteri, albicocca) a fare da dominante. Note di miele e caramello completavano il quadro che comunque di minuto in minuto cambiava notevolmente. Soprendente la freschezza in bocca e la scorrevolezza del vino che ne facevano un fine pasto di assoluto livello.
Che dire? Se ai 3 champagne qui descritti aggiungere un ottimo champagne rosè in apertura servito con le entreè, io direi che abbiamo bevuto benissimo senza spendere una fortuna e facendosi un bel giro di quello che lo Champagne offre oggi.
Qualcosa che però va un pò cercato, come hanno fatto Armando e Adolfo direttamente in Francia e gli siamo grati per aver pescato delle perle interessanti. Quanto da me come sommelier ad Armando va un grande Grazie per avermi fatto sentire nella mia cantina e una grandissima INVIDIA PROFONDA per tutte quelle bollicine che è costretto a bere ogni giorno!
Non so se le cambierei con i “miei” sangiovesi”, però ogni tanto…
Per ora grazie Armando e grazie Adolfo, alla prossima!
adolfo

Carl Reh Uerziger Schwarzlay Riesling Auslese 1989

carl rehI miei suoceri me lo hanno regalato per scherzo…per farsi due risate e in effetti me lo hanno incartato insieme ad un novello 1990 di incerta provenienza abruzzese ritrovato in una enoteca di Oldenburg città natale di mia moglie. é finita che ce lo siamo gustati accanto ad un piatto di tagliolini freschi da un pastificio torrelaghese con code di gamberi e zucchine . Ecco come è andata…
tappo carlIl tappo era in buone condizioni per avere 18 anni e salvo un pò di muffa superficiale era intatto e sembrava aver svolto il suo compito. Appena versato nel bicchiere il vino si presentava limpido e quasi cristallino con assenza di qualsiasi particella in sospensione. Inoltre il colore era incantevolmente dorato pieno e deciso, quasi con sfumature ambrate. Roteandolo, si notava una certa resistenza, perfettamente in linea con quello che ci saremmo aspettati da un Auslese sia pur di “soli” 8 % di alcol. coloreAl naso inizialmente si sente quasi solo quella nota strana di pomodoro e ananas cotto dal sole che hanno certi eiswein poi però svaniscono velocemente ed ecco che escono un bellissimo cedro e un lime squillante. Subito dopo è il turno di salvia e resina di pino con il cedro che diviene un cedro candito. Giungono poi note di frutta più tipiche del Riesling come l’albicocca e l’ananas e della papaya matura. Sul fondo si intravedono note di pietra focaia uva passa e miele. Questo grandissimo naso ci fa ben sperare per il gusto e in effetti è sorprendente come un vino bianco di quasi 20 anni si lasci bere con questa facilità! colore2L’acidità ancora alta e l’alcol e il corpo del vino dall’altra ne fanno un vino equilibrato, neanche troppo dolce (qualche anno fa poteva anche essere un pò troppo stucchevole per i nostri palati). Dicevamo, in bocca è abboccato, di corpo,fresco e piuttosto sapido in un retrogusto lungo di frutta e spezie che a me hanno ricordato una cedrata Tassoni(che per me è un gran complimento!)…Sul finale ecco marmellata di arance amare e una lievissima nota ossidata che però non rovina assolutamente l’esperienza ma anzi che ci ricorda che per provare queste bellissime sensazioni con un Riesling tedesco vale veramente aspettare qualche anno! E dire che la cantina Carl Rehnon è neanche tra le più pregiate o famose…(ammesso che esista ancora…)
In tavola come detto c’erano taglierini alle zucchine e gamberetti (cucinati con un pò di Orvieto Classico le Velette) e il Riesling non stonava più di tanto, ma è stato più degno compagno dello zuccotto della Gelateria Romana di Torre del Lago che abbiamo avuto come dolce.zuccotto
Una grande esperienza che consiglio a chiunque passi in Germania…non è raro che le enoteche diano via a prezzo di saldo questi piccoli tesori dato che anche in patria, non si lasciano invecchiare questi vini più di due-tre anni al massimo.
Per chi si fosse incuriosito sui Riesling vi ricordo che potete dare una lettura alla pagina della serata che abbiamo fatto da Burde lo scorso Autunno e sentire i nostri Podcast sull’argomento!

English Translation (Summary)
This started as a joke from my wife’s parents…but it ended like a good and formativa tasting! It’s always difficult to find good and old German Riesling due to a too recent discovery of the fantastic aging possibilities of this grape variety. Here it is how it was!Shiny and deep gold color. On the nose lime and ceddar mixed with sagebrush and pine sap. On the palate, golden apples, ginger and minerality, apricot, raisins and a sweet note of honey.
The fruit is still very present and gives the wine an unexpected vitality. A lot of acidity left makes a good balance with the low alcool (8%). A great body gives a sensation of complexity and fruitness to the wine but in the end it gives a good example of what it is “mineral” for a german Riesling. We tried to drink with fresh pasta and zucchini but we preferred it with the sweet zuccotto ice cream cake that we tasted after the pasta. Look out in Germany for wine like these, often they comes out with a vary affordable price since in German they prefer to drink younger (and not so fantastic well balanced) Rieslings!

Report compleanno: Cabreo e Montina Franciacorta per i miei 34 anni

Mi sono appena ripreso dalla stramangiata di ieri sera per il mio compleanno e vi riporto almeno la descrizione di due grandi vini che hanno allietato il mio 34esimo compleanno.
Si tratta dell’ormai famoso Cabreo la Pietra, il gioiello bianco di Ambrogio (padre) e Giovanni (figlio) Folonari e del relativamente nuovo Montecolo Brut de La Montina, una giovane e dinamica azienda franciacortina.
Sul buonissimo risotto di mare cucinato da mia mamma risotto mutuato da una ricetta del ristorante La Riva di Viareggio Darsena di tanti estati fa, abbiamo degustato questo grande spumante di Franciacorta, il Montecolo (disponibile solo in Magnum!) fatto da solo uve Chardonnay, uno dei cru aziendali. La bottiglia che abbiamo aperto ieri sera era una sboccatura 2005 ma non presentava la benchè minima sbavatura. Oltretutto l’avevo aperta perchè mi era rimasta per sbaglio in veranda al ristorante ed aveva vissuto tanti di quegli sbalzi termici che ero pronto a buttarla nel lavandino. Quindi in ogni caso mi scocciava venderla (anche perchè decorata con un “Buone Feste” natalizio…) e allora ho deciso di bermela…Il colore era di un giallo dorato molto intenso con i colori di un thè al cedro più o meno. Perlage fine ma non molto persistente. Al naso mi ha ricordato qualche champagne biodinamico francese tanto era “naturale” e carnoso con le note di camomilla, thè e lievito ancora fragrante. montecolo. In bocca si è rivelato pieno e consistente con una spuma dolcissima che accarezzava il palato in maniera egregia. Rivelava poi altre note fruttate che al naso erano un pò coperte dai sentori floreali e speziati. Sul risotto era un incanto tanto che mi sono rifatto di 3 piatti di risotto (era comunque il mio compleanno e gli altri non mi potevano brontolare…) e 4-5 coppe di spumante. Veramente notevole, lo consiglio a quanti pensano che la Franciacorta siano solo i soliti grandi nomi!
cabreo pietraSulla coda di rospo al forno ecco il sontuoso e sempre troppo poco bevuto (almeno in toscana!) Cabreo la Pietra, versione 2004. Di questo vino ti colpisce subito il colore dorato pieno lucente senza sbavature che ti da subito l’impressione di un vino particolare. Al naso poi da freddo e appena versato nel bicchiere rivela solo note di burro, minerale e nocciola che però lasciano nel giro di pochi secondi (e pochi gradi di temperatura) spazio a note freschissime di camomilla, fiori gialli, rosa, albicocca e una speziatura vanigliata appena accennata. Buonissimo ma non diverso da altri Chardonnay barriccati toscani… Ciò che mi ha sorpreso è stata la verve in bocca acida e fresca che rendeva ogni sorso piacevolissimo e mai stancante. Particolare da sottolineare perchè in passato a questo vino io stesso avevo spesso rimproverato una scarsa bevibilità e troppi muscoli. Ieri sera, forse complici gli anni in bottiglia, era veramente ottimo e ha convinto non solo me ma anche tutta la mia famiglia riunita a tavola.
Ragion per cui sono ancora più impaziente che arrivi il 5 Ottobre quando, nell’ambito delle Degustazioni d’Autunno da Burde avrò ospite proprio Giovanni Folonari che ci porterà non solo 3 annate del Cabreo Rosso il Borgo (1985, 1997, 2004) ma anche rarissime annate di Cabreo Bianco come il 1987 e il 1995!
Che faccio, vi aspetto?

Abbinamenti Rosati

rosati burdeSull’ultimo numero del Gambero Rosso c’è un articolo un pò autoincensante (ma stavolta forse hanno ragione) sulla riscoperta dei rosati e anche la rivista AIS De Vinis dedica con Franco Ziliani una pagina in chiusura a questo fenomeno. Anche Slawka (Suafca) G. Scarso in un articolo su tigullio vino e nel suo blog Marketing del Vino tratta l’argomeno in un post…che dire?
Facendo due conti anche da Burde quest’anno abbiamo venduto quasi tre volte tanto rosè che gli scorsi anni, eppure in carta ne abbiamo solo 5 (Castello di Ama, Riecine, Piano Piano Terre di Talamo, Vin Ruspo di Capezzana). Nonostante questa scarsa attenzione, sono andati via senza problemi, complice il caldo sì ma anche il tam tam mediatico che ovunque si può osservare. Personalmente sono un grande fan dei rosati in quanto permettono abbinamenti altrimenti difficile o addirittura impossibili. Da Burde per esempio si consiglia il rosato sul baccalà alla livornese (alternativa rossa pinot nero come quello di Fortuni) e sui crostinicrostini toscani dove un bianco è in forte difficoltà per intensità e corpo e un rosso è troppo abbondante di spessore e tannino. Ma lo consigliamo anche sul civiero di farro e manzo con spezie medioevali semifreddo. civiero
D’inverno ve lo proponiamo di gusto sulla pasta e fagioli e anche sulla ribollita.
Abbinamenti più astrusi lo portano anche su carni arrosto come la pancetta di vitella arrotolata e su qualche formaggio ma in genere direi che come accompagnamento di antipasti e primi vale tantissimi bianchi toscani. Fra quelli che abbiamo quello di cui ne vendiamo di più è il Ruspo di Capezzana per motivi tradizionali e di territorio e il Castello di Ama che in effetti è buonissimo ma vende molto anche per il nome (io l’ho scoperto alla mostra Taste del Gastronauta alla Leopolda). Gli altri seguono un pò a distanza ma rispetto al passato come vi dicevo è veramente tutta un altra storia.

Bevute di ieri “Podere dell’Anselmo”

anselmo_1Ieri sera sono stato al compleanno di un’amica di mio figlio Malwin in quel di Montespertoli, località Anselmo, al Podere e Agriturismo Anselmo. Serata piacevolissima, vari tentativi di tuffo in piscina dei bimbi a parte, e piacevole scoperta di un bianco notevole (per la Toscana un vino bianco buono è sempre un evento!). Si tratta dell’Anselmino, ovvero un IGT bianco a base di Malvasia, Sauvignon e Trebbiano arricchite di una buona percentuale di Riesling. Lì per lì al primo assaggio alla cieca avevo sentenziato “Sauvignon e Vermentino”, il che mi pareva strano ma dai profumi e soprattutto un retrogusto minerale mi faceva propendere per il vermentino. anselmino Quando il proprietario mi ha rivelato la presenza del Riesling mi sono spiegato un pò meglio il bouquet molto originale del vino che affiancava a note di foglia di pomodoro e sentori tropicali una netta nota minerale, appunto quasi “tedesca”. Tedesca come la giovanissima moglie del proprietario e guarda caso di Leer, paesino sconosciuto ai più ma non a mia moglie che è del paesino accanto, Oldenburg!
Insomma abbiamo passato un pò di tempo a discorrere di Riesling e Birre tedesche continuando a sorseggiare l’Anselmino che ha fatto il suo dover sulle lasagne al pesto (un abbinamento veramente azzeccato) e sulla pizza cotta nel forno del podere.
Degli altri vini vi rammento un Chianti DOCG tutto sangiovese con una nota piccante piuttosto intrigante.
Per il futuro c’è allo studio un vino a base di Viogner che sembra la moda imperante in Toscana degli ultimi anni e in effetti, acidità scarsa a parte, dovunque l’ho trovato per ora, ha sempre dato una nota di albicocca bellissima e un frutto bello carnoso.
Per cui ne aspetto presto una bottiglia!
Del posto invece vi metto qui due foto che rendono l’idea più di mille parole…
anselmo2

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Cantina del mese!

cantinettaEbbene si da questo mese (ma in realtà più spesso saranno due settimane) anche da Burde cominciamo a proporre ai clienti non solo l’intera carta dei vini (comunque disponibile a richiesta) con i suoi 400 e passa etichetta ma una ragionata selezione in base agli abbinamenti possibili. Di questa cantina del mese fanno parte ogni volta due bollicine, un bianco, un rosato, due rossi leggeri da carni arrosto o bollito, due rossi di corpo per la bistecca e due rossi importanti da stracotto o da meditazione.
Tutti risiedono in attesa di essere “chiamati” al tavolo dentro la nuova vetrinetta frigo a 3 temperatura che ci siamo comprati due settimane fa. Permette di tenere gli spumanti a 5-6°, i bianchi a 8-10° e i rossi fra i 14 e i 18°. giuliano zioHo dovuto litigare non poco con mio zio Giuliano per acquistarla, per spostare il televisore e per convincerlo dell’assoluta utilità dell’arnese in questione ma per ora l’effetto sulla clientela è positivo!
Mangiarsi un bella bistecca succulenta con fiori fritti poter gustare un bel Chianti Riserva Petresco delle Cinciole 2001 leggermente fresco (o almeno questa è la percezione che ci arriva da un liquido a 18° con questo caldo!) è un piacere che vi raccomando vivamente! Per non parlare del fatto che i vini nella cantina del mese sono anche offerti tutti al bicchiere, Tignanello COMPRESO!
Ecco i vini di questo mese (il primo prezzo si riferisce alla bottiglia, il secondo al bicchiere):

Per iniziare
Cellarius Rosè 2002 Berlucchi
(Pinot Nero) Rosato € 18,50 € 3,50
Prosecco di Valdobbiadene Crede Bisol
(Prosecco) € 10,00 € 2,00

Sui primi
Lunato Orvieto Classico DOC Tenuta le Velette 2005
(Grechetto Trebbiano Malvasia) € 10,50 € 2,50
Piano Piano Rosato IGT Terre di Talamo 2006
(Cabernet Sangiovese) € 8,50 € 2,00

Sugli Arrosti
Chianti Classico Le Cinciole 2004 Panzano in Chianti
Sangiovese Canaiolo € 11,50 € 2,50
Morellino di Scansano Santa Maria Frescobaldi 2005
Sangiovese Cabernet Alicante € 10,00 € 2,00

Sulla Bistecca
Chianti Classico Riserva “Petresco” 2003 Le Cinciole
Sangiovese € 19,00 € 4,50
Pinot Nero al Tondo Ruffino IGT Toscana 2000
Pinot Nero € 21,00 € 4,50

Su stracotto, peposo, spezzatino
Tignanello IGT Toscana 2003 Antinori
Sangiovese Cabernet € 49,00 € 10,00
Nobile di Montepulciano Gattavecchi
Sangiovese Mammolo Canaiolo € 15,50 € 3,50

Per finire
Vin Santo del Chianti Classico Dievole
Trebbiano Malvasia Sangiovese € 18,00 € 3,50
Muffato della Sala Antinori
Sauvignon Blanc, Grechetto, Traminer e Riesling € 29,00 € 5,00