Tutti in famiglia da Pinchiorri per il Coevo: 47 stelle a tavola per un vino di Terroir Toscano

24 ristoranti rappresentati per un totale di 47 stelle Michelin, nonostante io abbassassi la media il parterre ieri da Pinchiorri era di quelli davvero memorabili, ma ancora più bella era l’atmosfera di famiglia che regnava con Giorgio, sua figlia, Annie, i cuochi i maitre e i sommelier giunti da ogni parte d’Italia per l’evento, ovvero la “prova su strada”, e che strada!, del gioiello di famiglia Cecchi, ovvero il Coevo, un ambizioso tentativo di riassumere la storia della Toscana del vino e di lanciare una sfida al futuro. Ieri per lo meno, vinta in pieno.Già penso abbiate letto il bellissimo post che Aldo Fiordelli ha dedicato alla giornata e anche Leonardo sta cominciando a raccontarvelo, io posso solo testimoniarvi l’emozione che ho provato in quello che viene considerato un tempio della cucina italiana, non solo per il vino (dovremmo parlare di tempio della cucina mondiale infatti) ma anche per la cucina, per un giorno “finalmente” libera dall’ingombrante ombra delle etichette che vengono stappate ogni giorno (e se volete farvi una idea, guardate qua). Emozione che però era forte anche nelle parole di Andrea e Cesare nel ricordare il padre scomparso cui Coevo è dedicato.

Ecco Cesare, l’uomo del marketing

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Ecco Andrea, l'”uomo del campo”

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In piedi nel cortile per un bicchiere di Cuvèe Louise Pommery 1999, sempre incantevole per freschezza levità e profondità di gusto, e poi seduti a tavola, con intermezzo della ricerca del proprio posto a tavola…

Si inizia con un classico come le capesante, qui servite con purea di ceci , insalata di germogli di crescione all’olio di nociola e bottarga di muggine. Bello il contrasto tra capasanta e bottarga, appena mediato dai germogli e unito in abbraccio dalla gentile presenza dei ceci passati.

Viene servito il Val delle Rose, Morellino 2008 molto tipico, appena un po’ ruffiano e molto maremmano ed ecco forse il piatto del giorno, un classico di Italo Bassi, ovvero il Doppio raviolo farcito di burrata con fonduta di Parmigiano, sugo d’arrosto e timo. In pratica un piatto unico per il suo essere dolce e delicato e forte e saporito allo stesso tempo con la particolarità di mutare al cambiare del vino in abbinamento. Il Litorale Vermentino ne esaltava la delicatezza della burrata mentre il Morellino faceva prevalere la faraona e la sua selvaticità.  Grandioso piatto.

Viene servito il Chianti Classico Villa Cerna 2007, espressione di Castellina in Chianti e quindi aromi intensi, bella acidità e freschezza e tannino vivace. E tutto quadra sul Risotto ai funghi porcini, mai erbaceo o stucchevole grazie alle animelle allo zenzero e al foie gras adagiato nel mezzo. Anche qui quasi un piatto unico per intensità e completezza di aromi, cottura e consistenza perfette del chicco di riso (Carnaroli di Acquerello per i fanatici).

Arriva finalmente il Coevo nei bicchieri servito dalla Magnum e si dispiega in tutti i suoi profumi che riescono a racchiudere tutte le anime del vino toscano. La tradizione del Sangiovese del Chianti Classico con le sue note di viola, tabacco, cuoio, arancia, la spruzzata di pepe di cabernet, e la maremmanicità del merlot e del petit verdot che arrivano a coprire le nuove tendenze della viticoltura toscana e quindi aromi balsamici, frutta di bosco, speziature fini… Alla beva ce lo aspettiamo rotondo e piacione e invece è serrato e vivo, gran corpo ovvio ma non invadente, come un classico toscano che sembra aggressivo ma che poi sa fermarsi prima di diventare ingombrante. In bocca aspetta solo un grande cibo e il maialino di mora con purea di patate, mele al tè e salsa di capperi lo esaltano eccome. Il balsamico del vino si sposa con la pepatura della carne, il tannino lima l’untuosità della preparazione e la sapidità e la freschezza puliscono la grassezza dell’insieme. Lunghezza del vino e persistenza del piatto giocano a rincorrersi e il risultato è davvero notevole.

Arriviamo al dolce in meno di un’ora e mezzo (bravissimi in sala e in cucina) e una torta al cioccolato non è quello che chiederesti di primo acchito. E invece è ripiena d’aria e bollicine e la fetta di cioccolato è impalpabile mentre nella sfera al latte si agita il mango in purea che non aspetta altro di essere risvegliato da un Chateau d’Yquem 1995. Ancora giovanissimo e dal colore inattaccabile, rivela sulla cioccolata una nota burrosa e di tostatura incantevole oltrechè un caleidoscopio di frutta passa e candita sul mango.

Retina per iPhone lo posiziona sul giallo con lievi sfumature aranciate e in effetti un principio di mini evoluzione si avverte ma ben poca cosa rispetto a quello che sarà.

Caffè ottimo servito in giro (ormai sono quasi tutti in piedi)  e tutti a scambiarsi biglettini e consigli.

Difficile immaginare un altro posto d’Italia così affiatato al suo interno e con i suoi ospiti, specie oggi che davvero pareva di essere ad un ritrovo di famiglia più che ad una colazione di lavoro. Rapido passaggio in cucina a salutare Italo e la brigata e un “bravo” al primo sommelier Gabriele del Carlo giunto quinto ai recenti campionati italiani. L’eccellenza, non solo la gentilezza, qui è sempre di casa…

Giornata bellissima e da ricordare a lungo…pure difficile immaginare per il Coevo una prova più ardua da superare ma il “ragazzo” non ha davvero tradito le attese.