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Baustelle al Viper: intervista a Francesco Bianconi sul vino e sushi

baustelle viperPensavate che non ce l’avrei mai fatta, vero? E invece grazie alla vulcanica Anna Meacci e a Marco del Viper Team sono riuscito da esperto giornalista musicale ad entrare nel party post concerto evento dei Baustelle a Firenze (unica data toscana!) per intervistare per voi Francesco Bianconi, carismatico e dolcissimo leader della formazione. Innanzitutto devo dire che il concerto è stato seminale, a tratti struggente e toccante con momenti da brivido davvero sublimi. Intensità, precisione e anima, i 3 (anzi 7 visto che altri 4 strumentisti eccezionali erano con loro sul palco) hanno coinvolto e toccato tutto il pubblico (molto over 30 per fortuna) che è rimasto a bocca aperta tutto il tempo delle quasi due ore di concerto. E risentendo le canzoni di Amen dal vivo non posso che ribadire ogni bella parola spesa per questo disco (non solo da me, anche dalla critica un pochno più specializzata). Stasera oltre ai Katatonia, ai Duran Duran e ai Delta V ho senito anche molto Battiato, un pò di disco music anni 70 (Baudelaire che dal vivo sembrava quasi una trance track remix), pura e inimitabile melodia italiana il tutto fuso in un gruppo e in un rock rabbioso e adulto che ha pochi paragono possibili.

Abituato come sono a concerti dove non si aspettano che i vecchi pezzi (ehm…Irons, ‘Tallica…) qua, “La Guerra è finita” a parte, invece morivo dalla voglia di risentire Aeroplano (Rachele dolcissima e struggente come poche altre volte, volevo avere 15 anni di meno per mettermi a piangere) , Alfredo, Colombo, Charlie fa Surf (“non contro la Chiesa ma contro un certo uso della Chiesa“)e tutte le altre “instant classic” del disco. Ciliegina quasi finale la riproposizione di Bruci la Città, scritta per una bella interpretazione di Irene Grandi ma che ha conquistato l’Italia secondo me grazie ad un assolo di chitarra lancinante come i Guns dei tempi d’oro.

E lascio la parola proprio a Francesco (ci ho parlato solo 5 minuti ma dato che abbiamo parlato di musica, fumetti e vino lo conisdero come se ci avessi mangiato la pappa insieme…) che stremato dal concerto doveva, poveretto, pure rispondere all’angosciante interrogativo postogli dal Sommelier Informatico Musicale:

“Ma che vino ci abbinate con il sushi?”

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E infine, come non concludere questo post con le parole dell’ultima canzone del live set? (Anche qui, 15 anni di meno e giù a piangere e autocommiserarsi per ore…)

“Sarebbe splendido. Amare veramente. Riuscire a farcela. E non pentirsi mai. Non è impossibile pensare un altro mondo. Durante notti di paura e di dolore. Assomigliare a lucertole nel sole. Amare come Dio. Usarne le parole. Sarebbe comodo. Andarsene per sempre. Andarsene da qui. Andarsene così. “

Abbiamo il sushi, abbiamo il vino… Baustelle al Viper stasera!

Si lo so che non è una degustazione ma nel loro ultimo bellissimo disco Amen nella fulminante Antropophagus dicono testualmente “Abbiamo il sushi. Abbiamo il vino. Spezziamo il pane e la schiena al cane“. Dato che non l’ho capita e soprattutto non si può oggi parlare di vino e sushi senza specificare qual’è l’abbinamento che intendono fare, sarò costretto ad andare a chiederglielo di persona, oltre a chiedergli come mai tre di Montepulciano cresciuti a Firenze siano potuti andare a stare a Milano… Spero infatti che Marco e gli altri miei amici del ViperClub abituali frequentatori di Burde mi ci facciano scambiare due chiacchere dopo il concerto che si preannuncia sold out e per un evento alle Piagge a Firenze è un fatto storico!

Se non sapete chi sono e cosa suonano i Baustelle procuratevi Amen che suona come un misto tra i Katatonia (gothic band svedese che immagino pochi conoscano), i Duran Duran degli anni 80 (Planet Earth e simili) e i moderni Delta V.

Andrea Gori (ancora) su Spirito di Vino: almeno stavolta “lavoravo”!

Un motivo in più (o in meno…) per comprare SdV di questo mese! Nell’articolo sui Vini Top Italiani del 2007, a pagina 100 in una bellissima foto di Matteo Brogi sono ritratto in ottima compagnia mentre degusto uno dei mitici 18 supervini derivanti dall’incrocio delle valutazioni delle 5 guide più importanti dei vini Italiani (AIS, Veronelli, Gambero, Touring, Espresso, “mediati” da Winenews.it). E’ stato un invito del sempre gentilissimo Guido Ricciarelli a farmi partecipare a questa esclusiva commissione di valutazione che ha dato modo di riflettere sui vini che mettono d’accordo tutti e soprattutto capire il perchè. Devo dire che è stata una esperienza bellissima, al di là ovviamente dei nettari meravigliosi che siamo stati “costretti” a bere, non avete idea di quanto si cresce a sentire discutere di questi vini dei pezzi grossi come Ernesto Gentili (Espresso), Gianni Fabrizio (Gambero Rosso), Paolo Baracchino (Gran Jury Europeo) , Daniel Thomases (Veronelli) e Pierluigi Gorgoni (Spirito di Vino). Per un sommelier relativamente giovane di naso come me, sentire discutere questi qua è un pò come per un ballerino vedere Roberto Bolle nel Lago dei Cigni o per un calciatore stare a bordo campo a vedere i dribbling di Kakà (o per un chitarrista sedersi sul Marshall di Yngwie Malmsteen mentre fa un assolo funambolico…): una esperienza grandiosa esaltante e al tempo stesso un pò mortificante…
Voglio dire le bottiglie erano tutte stagnolate e bendate però nel giro di 5 secondo avevano già riconosciuto tutti i nomi e le bottiglie mentre io ero ancora lì a decidere se c’era più lampone o più ciliegia o mirtillo e quindi più sangiovese o più nebbiolo o cabernet. E mentre dicevo “ah già vero” loro erano già a disquisire su che evoluzione avevano avuto nei 6 mesi precedenti, quale sarebbe stato il loro futuro e quanto tempo l’enologo aveva lasciato le botti senza girarle…
Insomma sapere che le guide le scrivono gente come loro mi rincuora non poco e allo stesso tempo mi fa riflettere su alcuni vizi di fondo ineliminabili delle guide dei vini. Molti dei vini che abbiamo degustato (lo leggete anche nell’articolo di Guido) erano ancora estremamente giovani e difficilissimi da leggere e questo all’incirca a Febbraio 2008, ed erano stati però degustati per le guide quasi un anno prima, senza contare che alcune delle bottiglie che ci erano state mandate appositamente dai produttori per quell’occasione avevano dei problemi di conservazione. Come anche Gentili ha giustamente fatto notare in più di una occasione può capitare che due guide differiscano molto sul giudizio di un vino non tanto perchè hanno metri di giudizio diverso ma proprio perchè abbiano degustato due vini molto diversi! E non sempre si può avere il tempo di richiedere e riassaggiare un’altra bottiglia (oltre le 2-3 che i produttori mandano per ciascuna assaggio). Sul fatto dei tempi invece dobbiamo accettare il fatto che è inevitabile che se questi vini vanno sugli scaffali a natale 2007 i consumatori devono leggerne le caratteristiche almeno ad ottobre e qundi gli assaggi devono per forza svolgersi nei mesi precedenti, spesso con campioni non certo pronti al consumo. Quindi chapeau di nuovo a chi riesce a leggere i vini capendone l’evoluzione immediata e prossima.
Quando appunto sei in mezzo a queste persone, ti rendi conto che di strada da fare ne hai tanta e che soprattutto per i grandi vini un solo assaggio non basta assolutamente ma occorre seguirli e conoscerli per apprezzarli in tutte le loro potenzialità. Altra cosa “buffa” è che come punteggio ero regolarmente 2-3 punti di media sopra gli altri e, sebbene nell’articolo si vada appunto con le medie voto dai 96 agli 89 punti, io non sono riuscito ad uscire dalla forbice 99-91.
Di spunti di riflessione ne dà tanti l’articolo e tanti altri ne sono venuti fuori a tavola come ad esempio la difficoltà di incontrare i gusti del pubblico con i bianchi, le nuove realtà del sud Italia, il mancato decollo del Pinot Nero “italiano”, di come cambia il Cabernet in Italia a seconda del terroir e della latitudine, di quanto sia diverso a volte ciò che il pubblico vuole e ciò che le guide tendono invece a premiare. Altre note sparse riguardo il notevole accordo che avevo con Paolo Baracchino (anche lui scuola AIS fiorentina) e l’enorme e maniacale attenzione al dettaglio fotografico, praticamente SOLO per le foto dei tappi che vedete nell’articolo, Matteo ha impiegato qualcosa come 1 ora e mezzo!
Nel mio personalissimo tabellino (di cui vi riporto sotto le note, qualcuna addirittura finita nell’articolo, WOW) il migliore di tutti era Barolo Bricco Boschis 2001 Cavallotto, seguito ad una incollatura da Grattamacco 2004 e poi da Mastroberardino Radici Riserva 2001 che in ogni caso anch’io ho convenuto essere meritevole di vincere, non fosse altro che per il prezzo “ridicolmente” basso di 25 euro a bottiglia!

Vittorio Moretti Bellavista 2001: croccante pesca minerale su un sottofondo di tiglio, invitante e ricco, corposo ma finezza e classe da vendere

Poggio Vento 99: un’archetipo del brunello, austero ma seducente, fiori e frutta in egual misura, un pò sulle sue ma si farà nel tempo

Pergole torte: lampone in confettura e macis, dolce tannico, elegante

Asinone: ribes nero, mora di gelso, pellame nobile, pepato, sferzante e dinamico

San Leonardo: bordolese classico con mix di frutta di bosco e note eteree, profondo, asciutto, intrigante

Montevtrano: austero, anice e finocchio, qualche nota un pò cotta ma compattissimo

Grattamacco: menta balsamico pepe bianco e incenso, avvolgente e setos, in bocca viene fuori quasi una pesca sciroppata, fine ed elegante nel fruttato di prugna da manuale

Sassicaia 04: dolce e vaniglioso poi ciliegia e mallo di noce, succoso, energico e deciso

Masseto 04: un pò segnao dal legno ma bella mela rossa, cipria e ciligia, in bocca solo un pò amarognolo.

Radici 2001: intenso e penetrante, cuoio e frutta, liquirizia, thè nero BELLISSIMO, suadente integro

TerreA di lavoro: profumi scuri e netti di mirtillo e ribes nero, cassi e tabacco kentucky

Monfortino: balsamico sopra ogni cosa, fiori cimiteriali, mela dlce, rosa passita carnoso di humus e terra d’autunno, trama tannica impressionante

Vigna Rionda: quasi ruffiiano per i fiori che porta ma note carnose di confettura di marasca su tappeto di spezie

Cavallotto: frutta sciroppata, nota sferzante balsamica, liquirizia, pepe, anice, rabarbaro, tannino vivacissimo ma nobile

Barbaresco Gaja: pepe cannella, roas, ribes, cipria, carnoso e succulento ma un pò troppo legno (almeno per ora….)

Serenade Passito Caldaro: mostarda dolce , zenzero e paprika, pesca in confettura e ginestra fiorita, in bocca sapido e verace, intrigante ad ogni temperatura

Questi due “intrusi” graditissimi sono stati l’omaggio dello staff di Villa la Vedetta agli stanchi degustatori che dopo 2 ore di rossi tannici e corposi non vedevano l’ora di sorseggiare due bollicine…alla cieca avevo detto (d’accordo con Paolo Baracchino) un millesimato champagne con abbondante pinot nero e un Franciacorta notevole. Si sono poi rivelati il Bollinger Grande Anneè 1999 e il Billecart Salmon Brut Reserve.

Ecco diciamo che bevuti sulla terrazza di fronte al cupolone di Brunnelleschi proprio male non stavano…

ps

Segnalo sempre sullo stesso numero della rivista, un bel confronto di Morellino di Scansano con sugli scudi il Bronzone dei Mazzei (ma comunque molto più caro degli altri) e un ottimo piazzamento del Bellamarsilia di PoggioArgentiera e soprattutto un articolo sul mitico Champagne “fantasma” Armand de Brignac che ogni giorno sono sempre più curioso di assaggiare…vedi particolari qui e sul forum del Gambero Rosso…

Brunello Col d’Orcia contro il Tempo: Venerdì 28 marzo Verticale 1977-2003

Non ha certo bisogno della nostra presentazione una realtà come quella di Col D’Orcia che nel corso degli anni è diventata non solo una delle più grandi realtà di Montalcino ma una delle sue vette qualitative più alte e affidabili. Dalla riserva “cru” Poggio al Vento (prodotta solo negli anni eccezionali) al Brunello “annata” si tratta sempre di prodotti ineccepibili capaci di leggere le annate con le loro caratteristiche e riportarle fedelmente bicchiere. Da Burde è ormai di casa e dopo la grande serata di presentazione del 2006 e dopo la durissima sfida dello scorso Ottobre con il Barolo Vigna Rionda di Massolino, stavolta ci siamo fatti aprire le porte del caveau aziendale per assaggiare la produzione di 30 anni fa per confrontarla con le ultime realizzazioni. Un modo per verificare insieme la longevità di queste bottiglie sempre dichiarata ma raramente sperimentata per gli ovvi problemi di reperibilità.

Avremo in degustazione ben 6 annate (tra parentesi la valutazione in stelle del millesimo):

  • Brunello di Montalcino DOC 1977 (****)
  • Brunello di Montalcino DOC 1978 (****)
  • Brunello di Montalcino DOC 1981 (***)
  • Brunello di Montalcino DOC 1999 (****)
  • Brunello di Montalcino DOC 2002 (**)
  • Brunello di Montalcino DOC 2003 (****)

Vi aspettiamo come sempre dalle ore 20:45. Insieme ai vini saranno serviti in accompagnamento formaggi stagionati e pane toscano, ma non ci sarà una vera e propria cena per permettere di concentrarci sulla valutazione del vino.
Costo serata € 35,00

Buona Pasqua a tutti (anche a Montalcino…)

Se ne sta parlando molto in rete…e da alcuni commenti giunge grande un augurio di chiarezza e di pace per chi lavora bene e onestamente tra i filari di Sangiovese di Montalcino. Pasqua è proprio il tempo di Resurrezione e di gioia e soprattutto di sentimenti sinceri di passione e amore per l’uomo e per le sue creazioni, altrimenti Dio non ci avrebbe dato suo figlio da crocifiggere a nostro piacimento.
Non voglio passare per quello che mescola il sacro con il profano (a proposito di mescolare vini…) ma Gesù dimostra sempre per il vino un amore sano e viscerale: dal suo primo miracolo alle nozze di Cana all’Ultima Cena è il vino che lo accompagna nei momenti più belli e più tragici. E tutt’oggi nella nostra cultura occidentale il vino ha un non so che di sacro che affascina gli uomini e che è in grado di toccare corde del cuore che nessun’altra bevanda riesce a fare. Ed è per questo che è davvero tremendo che ci si approfitti dei sentimenti delle persone e del fascino della terra e del “prodotto della vite e del lavoro dell’uomo” per far soldi sulla fiducia altrui.
Domani è Pasqua e tra agnelli, lesso e minestrone di pasqua con i fegatelli (tradizione in casa Gori) troverà spazio anche alla nostra tavola, raccogliendo l’invito del commentatore AG sul blog di Franco, una bottiglia di Brunello di quello vero, “di quello rosso, di quello fatto, potato, trattato, raccolto, aspettato, sudato, non di quello nero, un po’ di questo e un po’ di quello dentro e via, (quello se le beva chi lo fa)”.

Ah già si certo vorreste i nomi…ma non mi pare il caso di nominare qui quelli che reputo onesti e validi perchè sicuramente tra gli oltre 200 imbottigliatori lo sono in tantissimi, sta a voi leggere documentarvi e informarsi e perchè  no, venire da queste parti e parlare direttamente con loro, vi apriranno le loro porte e vi faranno scendere in cantina così che possiate rendervi conto di come lavorano e di quanto amore mettono nelle loro bottiglie.

E visto che siamo a scambiarci gli auguri, che vi giungano i nostri sinceri e appassionati, non solo per il nostro amato Brunello, ma per ogni creazione umana e per ogni uomo riscattato da Dio alla più alta dignità possibile con il sacrificio del suo figlio.
Che possiamo esserne all’altezza in ogni occasione e in ogni circostanza della nostra vita e nel nostro lavoro e che sappiamo sfuttare l’energia eccezionale della gioia della Risurrezione del Cristo per migliorare la vita di chi ci sta vicino e lontano.

Del resto, adesso è finalmente dimostrato ciò che ogni Scout sa dal giorno della sua promessa, ovvero che donare è meglio che ricevere!

Chateau d’Yquem Lur Saluces Sauternes AOC 1999

capsula yquem

Si lo sappiamo tutti che un Yquem con meno di 20 anni non si apre mai…eppure come possiamo sapere cosa sarà tra 2o anni se non lo si conosce mai da giovane? Costo a parte leggermente più accessibile, i motivi per assaggiare un Yquem in fasce sono tantissimi, a partire dalla meraviglia che si prova assaporando un vino passito muffato che sa di fiori, di ginestra, di tiglio, di camomilla, un vino in cui il miele lo zafferano, lo iodio, il caramello, il fico secco, l’albicocca, la maracuja, la pesca sciroppata sono così integrati e sorretti da una mineralità palpabilissima e sapida? L’effetto, se lo si sa capire e non lo diamo per scontato, è di stupirsi ogni volta per questo piccolo miracolo in cui ogni componente è al suo posto senza strafare ed è come legata al palo dell’evoluzione in attesa che il tempo gli dia la sua finestra d’espressione. E quindi ecco perchè occorre riaprirlo più e più volte…Certo a poterselo permettere diremmo pure che si può osare come vino a tutto pasto…ma chi osa farlo??

Clicca qui per l’introduzione al Sauternes

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Clicca qui per la degustazione di Yquem 99

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Clicca qui per capire perche è davvero “superieur” 

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Fuleki Tokaj Aszu 6 Puttonyos 1999

9tokaij fulekiStoria e tradizione di uni dei vini più nobili al mondo. Puttonyos, aszu, harshvelu, come si pronunciano e a cosa servono? Un vino passito ma non solo perchè si usano tecniche simili al ripasso alla toscana o a quello della Valpolicella, è un vino parzialmente ossidato quasi come uno sherry e si parte da uve muffate come nel Sauternes. Come potete immaginare un vino piuttosto unico e particolare che ha un’impronta tutta sua nel panorama mondiale dei vini da dessert e/o meditazione e vanta una storia secolare da conoscere.

Il Fuleki di stasera era un “giovane” Tokaj tipico e dai profumi caratteristici di mela cotta, nocciola, marmellata di pomodori verdi, dattero. Un grande concentrato di sapore e storia per una bevuta spesso emozionante e sicuramente dotato di una grandissima personalità che si esprime in una beva fresca e dissetante nonostante gli oltre 120 g/l di zucchero.

Clicca qui per l’introduzione al Tokaij ungherese 

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Tokaij Aszu 6 Puttonyos Fuleki 1999
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Clicca qui per la degustazione del Tokaij

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Tokaij Fuleki degustazione
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Day 2 Amsterdam: esperienze sensoriali…

Ovviamente non quelle che pensate voi…ma oggi pomeriggio alle 14 dopo la mattinata di lezione (come al solito penso piu interessante per me che per i miei studenti) la mitica Barbara (blogger di lungo corso per MammaAmsterdam e  pure in passato collaboratrice per il Gambero Rosso e varie istituzioni italiane come ICE e Camere di Commercio, mamma polacca e babbo abruzzese, sposata ad un olandese e ora completamente integrata nella societa’ grazie alla nuova bici a tre ruote station wagon) mi porta a pranzo fuori in un banalissimo e misconosciuto posticino Surinamese. Ma il mangiare e’ incredibilmente buono con una minestra gelatinosa con dell’uovo galleggiante in mezzo a funghi carne e spezie varie e del pollo e agnello da leccarsi i baffi. Peccato che ci abbino una ginger beer saponosissima e rovino tutto (ma la scelta era tra una Fanta Cassis e un Red Bull quindi non mi lamento). 

Piccolo tour nel mercato in mezzo agli aironi (!) che zampettano sui tetti delle case tra bancherelle che vendono frutta e cibi per lo meno esotici e sosta al Bazar, vecchia sinagoga riadattata con l’interno appunto a bazar orientale coloratissimo e intrigante. Me lo segno per un pranzo futuro, pure i bagni valgono una visita! Ok troppa cultura finora quindi tappa forzata al Rijkmuseum (saltando Van Gogh che non mi ha mai convinto del tutto…) che chiude alle 18 ma ha avuto la grandissima idea di ristrutturarsi completamente e ha quindi sparpagliato i vari quadri per l’Olanda lasciando pero’ qui i Masterpieces. Ho quindi l’occasione di stordirmi alla Stendhal davanti a Vermeer e la sua Sguattera e soprattutto una buona mezzora davanti a The Night Watch…che poi non sarebbe proprio di notte visto che l’hanno chiamato cosi’ ai tempi in cui era coperto da un notevole strato di fuliggine e sporcizia. Ma e’ soprattutto interessante cercare di capire come mai questo quadro sia cosi’ famoso. E secondo lo e’ per un motivo alla Blade Runner, ovvero che non lo vediamo come l’autore lo ha pensato. Nella stessa sala viene presentata una copia fatta all’epoca e ci fa vedere come nella parte sinistra manchini un buon 15% di quadro (tagliato per spostarlo in un’altra sala). Ecco perche’ la Ronda di Notte sembra un quadro con le proporzioni particolari e con simmetrie che non tornano o che comunque lo rendono impossibile da guardare con un occhio “standard”. Insomma Rembrandt lo ha dipinto con alcune proporzioni “normali” ma noi lo abbiamo sempre visto in realta’ con un taglio che ne altera e non di poco gli equilibri rendendolo in qualche modo meno accettabile dalla nostra percezione. Per spiegarlo meglio vi riporto qui una copia inglese che mostra il lato mancante. Si vede male ma credo che si noti che la dinamicita’ del quadro e’ completamente diversa e trasmette molto meno movimento e la ronda non sembra cosi’ uscire dalla tela come nella versione “tagliata” di Amsterdam…E per spiegare il paragone con Blade Runner, non mi dite che a voi sono piaciuti gli inserimenti a base di unicorni galoppanti nella Director’s Cut!

A parte Rembrandt, la collezione e’ davvero impressionante e bellissima e presentata alla perfezione da guide audio e pannelli. Rimango anche folgorato dal Cigno Minacciato di Jan Asselijn  e il Bambino Malato di Gabriel Metsu con il suo taglio diagonale tra colori chiari e scuri.

Rinfrancato e rigenerato dalla grande pittura olandese del 1600 vado in un’altra grande istituzione olandese ovvero la Bols, storica azienda di Gin Genevrier e liquori da cocktail con una gamma impressionte di prodotti ma soprattutto con una casa museo dove condurre le proprie esperienze sensoriali e gustative in sale apposite. Guardate che meraviglia questo odorama con 35 essenze realizzate veramente bene (ne ho beccate quasi 20 giuste su 35)…E la mostra continua con la sala dei Gin e Genevries con tutte le ricette e i modi di produzione e infine pure la possibilita’ di costruirsi il proprio cocktail e vederselo servito al termine del tour.

A me esce un bel mix di Bols Creme de Cassis (che sa obbiettivamente molto di Syrah Relentless di Shafer) e Genevrier antico, con succo di mirtilli e more. Rinfrescante e un po’ alcolico ma siamo comunque in pomeriggio inoltrato. Quindi smaltisco la botta di Bols sul tram numero 5 che mi porta ad Apolloan. Giusto 15 minuti a piedi in mezzo a case da 5-6 milioni di euro cadauna e un po’ di passerella di Audi, Range Rover, Aston Martin e simili. Comincia a fare freddo ma per fortuna sono quasi “a casa” ovvero nel lussuosissimo e accoglientissimo Hilton dove ovviamente quasi tutto il personale e’ italiano e ti coccola in ogni occasione. A cena volevo fare una scappata dalle Cinque Mosche seguendo un altro consiglio di KelaBlu ma preferisco la compagnia di Antonino, siciliano maitre del Roberto’s e allievo del corso di Sommelier, che mi prepara delle taglietelle spettacolari saltate in una forma di parmigiano intera smezzata e flambate con Vecchia Romagna. Accompagnate da un Prosecco Belussi e un Cannonau Riserva Sella e Mosca 2004 sono un bell’inizio. Si prosegue, grazie al sommelier gentilissimo e preparato, con un Barbaresco Parusso 2003 che fa la sua figura sul vitello arrosto in salsa con erbe e sale. Gran finale con tortino caldo al cioccolato e gelato al cioccolato bianco e menta serviti con Ben Rye Donnafugata e un Soave Passito notevole. Sono le 22 ma scappo ancora un attimo fuori per andare a bermi il Genevrieres della staffa nel mito caffe’ Hoppe in pieno Spui, uno dei piu’ genuini brown cafe’ rimasti ad Amsterdam.

Pfui…per adesso e’ finita, meno male che volevo riposarmi quassu’!

Inniskillin IceWine Riesling VQA Niagara Peninsula 2001

inniskillin rieslingUn vino “friulano” nato dalla passione e dal duro lavoro della famiglia Ziraldo e dal fortunato incontro con il produttore austriaco Karl Kaiser.Del resto la Penisola del Niagara si trova alla stessa latitudine di Trieste… Il nome preso da un reggimento di fucilieri irlandesi il cui Colonnello ricevette questa fattoria in dono. Fattoria acquistata da Ziraldo con i risparmi di anni di lavoro da minatore negli Stati Uniti durante la corsa all’oro degli anni 20, in fuga da un Friuli in piena crisi da dopoguerra. Poi le intuizioni, il successo dapprima locale e poi globale appunto quando in uno dei viaggi a casa c’è l’incontro con Kaiser e la sua conoscena degli EisWein tedeschi e austriaci.

Con noi venerdì c’era il mitico IceWine della Inniskillin e ne abbiamo approfittato per ripercorrerne la storia e dire due parole sulle  caratteristiche di questi vini rari preziosi e particolarissimi. Il riesling 2001 ha aperto la serata con un caleidoscopio di sensazioni fruttate calde e ricercate con frutta tropicale (papaya, mango, maracuja) , albicocca, pesca gialla e un bel floreale dolce e giallo. In bocca una esplosione di gusto e freschezza veramente rara e maestosa. Raccolta da uve congelate (spesso raccolte di notte con -10 gradi!) e pressate dolcemente per estrarre solo il cuore dell’acino, sanissimo e denso di sostanze aromatiche pregiate.

Clicca qui per la degustazione del vino 

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Inniskillin Riesling IceWine 2001
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