I colori dei Rosati della finale: Pommery, Goutorbe, Cazanove e Jaquart (per tacere della cotoletta di Filippo Gozzoli )

Non dico che valeva la pena patire per il concorso per stare a cena qui ma sicuramente la cucina e la cotoletta (anzi, ieri medaglione) di Filippo Gozzoli, specie se abbinata a qualche bollicina francese giusta (Lanson e Tsarine), la sua impressione la lasciano eccome. Ma partiamo dal pomeriggio, ovvero dai vini oggetto della finalissima italiana dell’Ambassadeur du Champagne…La successione era libera ovvero ognuno poteva scegliersi l’ordine che preferiva, io ho scelto un percorso da “sommelier” (rosè leggero in apertura poi un vecchio stile, un millesimato e infine un grand cru con un pò di dolcezza in evidenza) e infatti anche Leonardo in giuria ha approvato mentre l’approccio di Marco (con in finale il vecchio stile più vinoso e subito prima il millesimato)  si è rivelato preferito dagli altri  membri per questioni comunicative, in ogni caso estremamente interessante.

Pommery Brut Apanage Rosè: rosè per modo di dire, diciamo topazio, una leggerissima venatura che ne dimostra la grande presenza di chardonnay e uve rosse in bianco. Naso nocciola e fiori piuttosto ricco ma non trascinante, bel minerale in evidenza, stile leggero e profumato, ottima bollicina abbondante e fine, finale floreale e di pesca, perfetto per aperitivo e crostacei (l’ho abbinato a delle linguine all’astice). Molto probabilmente lo ritroverete a Degustibooks il 18 ottobre…

Cazanove “Vielle France”: etichetta che non conoscevo e bottiglia molto particolare. E champagne un pò sui generis, molto vinoso  con un bell’apporto di Pinot Nero vinificato in rosso, naso ciliegia e frutta rossa, nota minerale lieve, quasi completamente assente l’espressione dello chardonnay. Ne risulta un vino (ma non l’avevo affatto capito durante la finale) molto vecchio stile, abbastanza dosato con dei risvolti gustativi che lo avvicinano molto più ad un vino rosato classico che ad una bollicina. Note di cuoio e pellame nobile, pareva quasi un saignèe. Con il senno di poi interessante ma lì per lì ho finito forse per penalizzarlo un pò troppo. Su una cassoeula?

Jaquart Grand Millesime 2004 Rosè: etichetta di uno dei gruppi di recoltant più grandi della Champagne, con uve dalla Montagne de Reims, dalla Cote des Blanc (Oger) e pinot nero e meunier dalla Cote du Bar. Molto sapido e fresco anche al naso, fragola e frutta di bosco, fiori bianchi tiglio e acacia, bocca decisa e intensa, finale non lunghissimo ma un nitido fruttato di fragola e lamponi accompagna tutto il sorso. Da vitello in salsa di funghi. (di Jacquart ne parla molto anche Luciano, leggete qua).

Goutorbe Grand Cru Rosè Ay: nettamente il migliore (a detta di tutti) e una vera dimostrazione di cosa significhi “grand cru” ovvero piena espressività (soprattutto del Pinot nero ovviamente) con un succo di melograno e una arancia sanguinella incantevoli. Poi note più dolci e lievi di fiori, di ciclamino, note speziate nella cannella, bocca piena e soave, finale lungo ma non invadente. La sensazione però è di trovarsi davanti ad un brut sui generis e in effetti anche a cena lo abbiamo trovato abbinato ad una crostata con lamponi e panna e ci stava benissimo!

Tutti e quattro erano dei rosè coupage ovvero ottenuti mescolando vini base bianchi con vino rosso Coteaux Champagne AOC, peccato che un saignèè (ovvero da salasso) avrebbe forse reso la discussione più movimentata. In ogni caso alla cieca, almeno io avrei detto il Vielle France un saignèe, lo stile di cuio e vinoso era piuttosto marcato.

La cena è stata semplice ma molto soddisfacente, da uno degli chef emergenti milanesi nel quadrilatero d’oro ad un passo da Savini, Marchesino, Trussardi alla Scala e in una cornice bellissima (appunto il Park Hyatt). Apertura con millefoglie di anatra mango e salsa all’aceto di Xeres, davvero ottima per temperatura, consistenza, mix di sapori e finale misto dolce. Il Lanson Rosè gli ha reso giustizia appieno pur non rivelandosi proprio trascendente. Poi il medaglione alla milanese con una carne stupenda appena rosata cotta divinamente e saporosissima, frittura delicata e da manuale. Lo Tsarine Rosè (sapevate che Tsarine è una delle 3 maison più antiche di Champagne? Io fino a ieri, no…).

Veniamo poi a sapere che la carne proviene da un piccolo allevatore piemontese che lavora molto bene e scrupolosamente. E in effetti in un piatto così la qualità della carne è tutto e ieri si è sentito eccome. Finale dolce con crostata di lamponi, misurata e mai grassa nonostante crema e panna, perfetta con il Goutorbe. Ottima cena misurata e di classe, cucina pulita ed efficace, bravo davvero e davvero speriamo quest’anno in  qualche avanzamento nella critica gastronomica…(le guide escono a giorni, staremo a vedere!).

Giornata, come dicevo, splendida e vini comunque interessanti, e soprattutto graditissimo l’invito per il 12 Ottobre a La Venaria Reale (TO) per un grande assaggio di champagne riservato a giornalisti e professionisti. Anche solo per questo invito valeva la pena venire fin qui!

4 thoughts on “I colori dei Rosati della finale: Pommery, Goutorbe, Cazanove e Jaquart (per tacere della cotoletta di Filippo Gozzoli )

  1. Andrea Gori Andrea Gori says:

    ecco la risposta di Anichini sull’ordine degli champagne usato in finale, interessantissima:
    “L’argomento per cui ti scrivo è l’ordine di degustazione degli champagne presenti in finale.
    A mio avviso bisognerebbe fare una breve precisazione sulla tipologia di degustazione che si vuole condurre.
    Fondamentalmente ci siamo distinti per la collocazione dello Champagne Albert Le Brun (Charle de Cazanove) Vieille France Rosé Brut e lo Champagne Henri (Pace all’ Anima Sua) Goutorbe Rosé Brut.
    E’ verissimo che molta letteratura mette gli champagne rosé come buoni compagni per desserts con frutti di bosco, fragole, etc…. però converrai con me che durante una degustazione “digiuna” è convenevole presentare i vini secondo un ordine crescente di intensità aromatica. Per questo sono passato da: la freschezza del Pommery, la tenerezza del Goutorbe, la fragranza del Jacquart e la maturità del Le Brun.

    Nell’abbinamento con le sensazioni dolci di un dessert evito sempre gli champagne brut, anche quando sono segretamente dosati oltre i 15 g/l. Sarà una mia sensazione, ma ne traggo delle sensazioni “metalliche” che mi stordiscono il palato (mi è successo anche durante la cena ma ho preferito tacere per non sembrare quello che “ora perché ha vinto……”).”

  2. Andrea Gori Andrea Gori says:

    ecco la risposta di Anichini sull’ordine degli champagne usato in finale, interessantissima:
    “L’argomento per cui ti scrivo è l’ordine di degustazione degli champagne presenti in finale.
    A mio avviso bisognerebbe fare una breve precisazione sulla tipologia di degustazione che si vuole condurre.
    Fondamentalmente ci siamo distinti per la collocazione dello Champagne Albert Le Brun (Charle de Cazanove) Vieille France Rosé Brut e lo Champagne Henri (Pace all’ Anima Sua) Goutorbe Rosé Brut.
    E’ verissimo che molta letteratura mette gli champagne rosé come buoni compagni per desserts con frutti di bosco, fragole, etc…. però converrai con me che durante una degustazione “digiuna” è convenevole presentare i vini secondo un ordine crescente di intensità aromatica. Per questo sono passato da: la freschezza del Pommery, la tenerezza del Goutorbe, la fragranza del Jacquart e la maturità del Le Brun.

    Nell’abbinamento con le sensazioni dolci di un dessert evito sempre gli champagne brut, anche quando sono segretamente dosati oltre i 15 g/l. Sarà una mia sensazione, ma ne traggo delle sensazioni “metalliche” che mi stordiscono il palato (mi è successo anche durante la cena ma ho preferito tacere per non sembrare quello che “ora perché ha vinto……”).”

  3. marco anichini says:

    A dirla tutta, a volte anche i demi-sec mi pare che “cozzano” un po’ troppo con la panna di certi desserts….

    (Grazie ancora per l’attenzione rivolta alla mail sopra pubblicata)

  4. marco chiesa says:

    Ciao a tutti e complimenti al vincitore. Senza retorica, è stato un piacere conoscervi.
    Buon per voi che avete avuto il tempo di concludere la cena con calma, mentre io, per impegni di lavoro, ho dovuto mangiare, come si dice a Milano, ‘con il piriolo’ (“cont’el pirioeu” in vernacolo).
    Esperienza comunque interessante, anche perchè ho capito un paio di cosucce che non mi erano ancora entrate in testa…
    Una considerazione sull’ordine degli champagne, visto che il mio ordine era diverso, con Pommery, Goutorbe, Le Brun e Jacquart, basato su un concetto prettamente edonistico, ovvero:”a che punto della sequenza me lo godo di più?” Le Brun era maturo, ma in fondo semplice, mentre Jacquart era più ‘cerebrale’ e complesso nelle sensazioni. Valeva la pena ragionarci un po’, dimenticando l’abbinamento con il dolce, che, se doveva morire su uno champagne, moriva sul Goutorbe, ma se il dolce si poteva evitare…
    Alla prossima.

Comments are closed.