Bevute

Assaggi di vino distillati con punteggio, spesso con video degustazione

Spagna vs Portogallo: 2-3 (imho)

Sarà che in Germania i vini spagnoli e portoghesi sono davvero onnipresenti ma ogni volta mi ritrovo sempre il carrello della spesa pieno di Tempranillo e Touriga da assaggiare. Quest’anno il derby iberico si è svolto mettendo di fronte rossi spagnoli dal Somontano, Yecla, Valdepenas e Rioja e dall’altra alcuni big portoghesi come il raro e costoso Redoma Tinto Douro di Niepoort, famosa azienda produttrice di Porto. Sul versante bianco dalla Spagna ecco uno degli Chardonnay più premiati ovvero il 234 di Enate (Somontano) contro l’Albis, semisconosciuto bianco portoghese del re del Lancers Josè Maria Fonseca a base di Moscatel proveniente da Setubal ma non, ovviamente, fortificato a dare il celeberrimo Moscatel de Setubal che forse avrete assaggiato.

Premetto che ancora una volta i vini portoghesi mi hanno stupito per la loro peculiarità mentre nei vini spagnoli ancora faccio fatica a trovare uno stile personale diverso da quello internazionale, a parte ovviamente l’apporto aromatico del Tempranillo che invece marca fortemente ogni prodotto spagnolo fatto con quest’uva. Come per esempio marca in maniera quasi esclusiva questo Yecla che pure sarebbe composto per la maggior parte da Monastrell (che ancora non sono riuscito a capire se sia il Mourvedre Francese…parrebbe dimostrato di no). Il Tempranillo e il Cabernet presenti ne fanno un vino indubbiamente piacevole e caldamente speziato ma soffocano il tutto sotto etti di frutta un pò caramellata e anche la freschezza non è delle migliori.

riserva campillo riojaNella Rioja, abbandonati molte derive moderniste di vini iper concentrati si trovano ottimi esempi, specie se si sa attendere almento 4-5 anni dalla vendemmia come nella Reserva Campillo già descritta nel post della visita da Apicius. E davvero la distanza da un vino più semplice e meno costoso come il Diego de Almagro Gran Reserva 1999 da Valdepenas, in vendita da Jaques Wein Depot a 7,90 euro, non è così abissale come si potrebbe pensare. Il vino è ovviamente rispetto al Rioja più fresco e meno corposo, ma è croccante, fruttato e mai eccessivo e marmellatoso, ha una discreta persistenza e sulle grigliate di maiale è difficile pensare ad un compagno migliore. Anche qui Tempranillo (chiamato Cencibel nella regione) in purezza che perde corpo e sostanza ma non aromi e speziatura.

Per i portoghesi inizio soft ma particolare con un vino dall’Estremadura, ovvero il Touriz di Casa Santos Lima 2002, touriz casa santos lima estremadura portugal 2002blend particolare di 40% Touriga Nacional , 30% Touriga Franca e 30% di Tinta Roriz (Tempranillo), addirittura a credere a loro invecchiato in botti di rovere portoghese. Non so come lo facciano esattamente ma aveva un aroma di sottobosco fine e delicato, pur sostenuto da un corpo e una struttura non indifferenti e si lasciava bere che era un piacere sottile, tannini un pò evaporati ma ancora una discreta persistenza fruttata di amarena.

douro redoma tinto niepoortApprocciare invece il top wine Redoma Tinto 2005 dal Douro da Niepoort è stato invece più difficoltoso perchè ti aspetti, visti anche i notevoli risultati di critica (WS in testa), un vino decisamente difficile da bere, specie da giovane e soprattutto a leggerne le descrizioni una specie di porto secco tutto alcool marmellata, da spalmare insomma. E invece nel bicchiere è innanzitutto di un colore rosso porpora lieve, piuttosto trasparente (e questo mi torna del resto la Touriga Nacional non brilla per intensità colorante). Al naso c’è un odore riconoscibilissimo di Porto vintage con un fruttato sotto spirito di amarena e una speziatura piccante (pepe, paprika, ginger). Ci sono poi note ematiche, ciliegie e un sottobosco molto ben costruito con un profumo quasi di muschio: l’insieme parrebbe un pò stonato ma l’assenza di alcol al naso lo rende di una eleganza straordinaria e inattesa. In bocca è “soltanto” abbastanza caldo, di nuovo leggermente piccante ma freschissimo con tannino vivace ma non aggressivo, lieve sapidità nel finale di bocca. Ha molta meno struttura di quanto ti aspetteresti e anche il corpo non è mai eccessivo: semmai pecca di scarsa persistenza e per un vino di questa levatura e prezzo (35 euro) magari vorresti qualcosina di più. Ma bevuto insieme ad uno stufato di cervo condito con mirtilli e cavolo rosso vi assicuro che era uno spettacolo unico.

enate crianza 2003 somontano Torniamo in Spagna per un altro big wine, stavolta dal Somontano, zona ai piedi dei Pirenei con varie località sciistiche quindi climaticamente lontano anni luce dal classico rosso spagnolo caldo e rotondo . E in effetti questo Enate Crianza 2003 a baseTempranillo Cabernet ha sì il classico profumo di spuma di more e creme de cassis ma anche un leggero accenno di carruba, di gomma con leggerissimo goudron. Il Cabernet viene fuori a tratti per smussare qualche angolo, aggiungendo un pò di pepe nero appena macinato e succo di ribes, mentre la barrique si manifesta con noce moscata e anche un pò di cardamomo (ma questo credo derivi dal tempranillo e la sua interazione con il legno). In bocca non è mai aggressivo, anzi molto pacato sia come tannino che come alcol e qui l’origine pedemontana si rivela del tutto.enate chardonnay 234 somontano 2006 Grandissimo vino, di una piacevolezza estrema. Sempre dal Somontano ecco uno dei bianchi internazionali più famosi di Spagna ovvero lo Chardonnay 234 di Enate 2007 capace di una prestazione maiuscola, capace di surclassare altri blasonati Chard iberici come il Gran Vinha Sol di Torres. Innanzitutto i profumi sono di uno chardonnay nordico, per niente mediterraneo, al limite un grande friulano…camomilla, biancospino, sambuco, maracuja, cedro, arancia, finocchio, alcol appena accennato, miele poi sullo sfondo un minerale gessoso. In bocca è fresco, sapido, corposo con retrogusto tipico di banana e ananas (colpa/merito dei lieviti usati?). Grande vino e capace di piacere anche a chi, come me, non ama affato lo Chardonnay se non è Borgogna. Unico difetto il fatto di aver trovato nel vino esattamente i sentori descritti nel sito aziendale e pochi di più…quando succede è sempre un pò inquietante!

Il versante portoghese bianco mi ha invece fatto scoprire in un retrobottega di una sfigatissima enoteca del MAre del Nord un vino di Josè Maria Fonseca nella cui galassia orbitano una enormità di etichette tra cui appunto la quasi totalità del Moscatel de Setubal che viene prodotto ogni anno. Parte del Moscatel che non viene trasformato in Moscatel liquoroso finisce in questa versione secca che esce con la DOC Terres do Sado, con un apporto direi deciso di Arinto (altra uva bianca locale).
Nonostante il vino fosse del 2004, è stato un piacere scoprirlo ancora in formissima con sentori di fiori, pesca gialla, melone, miele millefiori, leggera ossidazione da sherry nocciolata, gusto intenso e penetrante di frutta dolce che ben completa la sapidità notevolissima del vino. Sia al naso che in bocca il moscatel non stanca e non viene a noi anzi ad ogni sorsata si rinnova il piacere di berlo e forse gli anni in bottiglia in questo hanno aiutato un pò. In ogni caso adesso mi resta la curiosità di berlo un pochino più giovane anche se devo dire che l’acidità era ancora bella presente.

Insomma in questo derby vedo ancora davanti il Portogallo forse per una preferenza personale verso i vini relativamente più piccoli ma mi pare sempre che in Spagna il Tempranillo si riveli sempre una presenza un pò ingombrante e solo in pochi casi il binomio terroir-vitigno dà i risultati migliori,

Ma la sfida è sempre aperta e penso che Aristide, Filippo e Giampaolo ne avranno da raccontare delle belle su cosa hanno bevuto negli ultimi giorni a Logrono per la European Wine Blogger Conference !

Riesling Kriedrich Gräfenberg 2005 Robert Weil Rheingau : la pesca e il miele e non solo

kriedrich graefenberg Eccoci a descrivere un vino, anzi no, per fortuna qui si può dire che vi descrivo un terroir… Il nome infatti del vigneto Gräfenberg nel comune di Kriedrich, Rheingau nella Grosslage è da sempre stato legato ai profumi netti e sicuri di pesca e miele che è sempre riuscito ad esprimere nei vini di chi si è cimentato qui a farli. E qui si fa vino documentato almeno dal 1700 e nonostante la legge tedesca del 1999 che ha portato questa Einzellage a oltre 50 ettari in realtà il vero Gräfenberg non va oltre i 17,6 ettari. E ha appunto la nomea leggendaria di produrre vini che sanno di pesca e miele..

Chi ha viaggiato un minimo per i vigneti tedeschi sa che in pochi altri posti come qui il terroir porta nel vino cambiamenti così drastici e a volte drammatici che la delimitazione dei terreni è fondamentale. E che sul serio si possono (con l’esperienza) riconoscere i vigneti dal loro odore caratteristico. Nel Rheingau poi dove la legislazione e i produttori si sono maggiormente impegnati per innalzare e tutelare la grandezza dei grand cru (appunto Erstes Gewachs) i risultati sono stati straordinari. Quando poi capita un’annata come il 2005 (simile in passato solo al 1971, 1953 e 1921) allora bisogna solo correre a comprarne una bottiglia (o sperare che nell’ipermercato se ne siano dimenticati in fondo allo scaffale di una bottiglia come è successo a me, pagandola 25 euro, tipo “sa, non è proprio l’ultima annata”, “non si preoccupi, mi va bene lo stesso” con ghigno innocente). Il giallo è poco più di paglierino con riflessi ancora verdolini iridescenti vibranti. Nel bicchiere si muove con molta calma e decisione, corpo ed estratto non mancano di sicuro… Al naso si è per forza condizionati ma quando  per la prima volta l’annusi l’incanto dolce del miele e della pesca croccante sono quasi scioccanti da quanto sono vivi e reali. Però i libri non dicono che oltre alla pesca e al miele, di per sè quasi stucchevoli, c’è intorno tutta una struggente mineralità soffusa che si affaccia in punta di piedi sulla scena fino a dominarla completamente dopo qualche minuto. Ma non siamo sulla Mosella , non c’è l’aggressiva mineralità da pietra focaia, qui è un leggero fumè soave un pò gessoso cosparso però di un floreale ricchissimo e intrigante. Biancospino, tiglio, ribes bianco invadono la scena escludendo alcune delle forme più calde e tropicali del Riesling, ma sinceramente non ne se ne sente la mancanza.

In bocca è caldo e fresco, ancora leggermente duro ma di una persistenza enorme e indefinita che ti lascia il minerale e la spezia (si ci sente anche del pepe rosa e un pò di peperoncino) in bocca per dei minuti. E ritorna il miele quasi sapido e la pesca in fiore a chiudere un palato davvero poco dimenticabile.

Si ok,  non siamo sui classici vini tedeschi che vengono via con poco, però ecco qualche eccezione si può fare, no?

Brunello 2003 in Deutschland: trotz der Hitze (e trotz Gaja), c’è qualcosa di buono? e le aziende indagate sono solo 4…

Forse perchè hanno ricevuto la missiva di Gaja prima di noi, forsè perche´qua in Germania il fatto che un italiano violi una regola e´talmente scontato da essere un clichee´abusato ma su WeinGourmet appare (finalmente) una rece dell´annata 2003 del Brunello di Montalcino che pare giunga solo ora sugli scaffali. Jens Prewe, non esattamente l´ultimo arrivato, recencisce i 50 migliori Brunello 2003 esordendo subito dicendo che il caldo si e´fatto sentire con i problemi ormai stranoti della poca maturazione dei tannini, frutta cotta in abbondanza e vini poco equilibrati. Poche parole sulla querelle legale sulle leggi violate da alcune aziende (secondo lui solo 4, Banfi Argiano Antinori e Frescobaldi).

E stupisce vedere comunque Castelgiocondo, Banfi e Argiano recensiti due pagine dopo…che bottiglie gli hanno mandato?!?

Ai Tedeschi dicevo, poco importa di come stiano andando le cose dal punto di vista legale (ma speriamo che presto Winzerblog traduca l´articolo di Monty portato nella blogosfera da Terry di Mondosapore e in Italia da Franco Ziliani) e dal punto di vista qualitativo bocciano decisamente l´annata da 2-3 stelle al massimo e tra i 50 che salvano eccovi i primi 8 con rating 4/5:

  1. Poggio di Sotto
  2. Madonna delle Grazie Il Marroneto (premiato anche a Caserta dai Vini Buoni)
  3. Corte Pavone Loacker (non ditemi che non c´entra il fatto che sia una famiglia altoatesina…)
  4. Siro Pacenti
  5. Tenuta Nuova Casanova di Neri
  6. “La Casa” Caparzo
  7. La Fiorita

Di seguito con 3,5/5 ecco La Fuga, Fuligni, Manachiara di Silvio Nardi, Lisini, La Poderina, Pian DellÓrino, il Marroneto, Valdicava, Argiano, Fanti e Solaria. Sempre buoni ma con rating un pelo sotto (3/5) Banfi, Gianni Brunelli, Renieri di Bossi, Uccelliera e Altesino in mezzo ad altri. Soldera, Biondi Santi, Cerbaiona e Salvioni non hanno inviato campioni (al solito) e un pochino mi dispiace.

Direi che a parte i primi sono stati premiati molti brunelli internazionali e moderni ma non so se essere felice che abbiano deciso di glissare sulla questione regolamentare…Adesso pero´vado in enoteca e controllo che cosa viene importato infatti e´curioso piu´che la classifica vedere la reale reperibilita´di questi vini. In questa classifica di disponibilita´ecco che praticamente Poggio di Sotto si trova solo a Karlsruhe mentre i piu´ubiquitari sono Casanova di Neri (ecco dove va a finire tutto!) Caparzo, Siro Pacenti, Banfi (qui in Germania del NordWest si trova quasi esclusivamente Banfi!), Altesino, Lisini, Frescobaldi e Poggio Antico, senza contare La Poderina e Villa a Tolli che viaggiano (bene) con la catena Jaques Wein Depot.

In enoteca mi confermano che al cliente medio importa davvero poco della questione Brunellopoli visto che in genere ignorano che sia fatto quasi solo da Sangiovese (che per loro in genere sta negli scatoloni da 5 lt con scritto Puglia, vedi su Kela)…e oltretutto sono tranquilli e felici anche quando bevono ettolitri di Spatburgunder (Pinot Nero) ben sapendo che è quasi tutto Dornfelder imbottigliato sotto falso nome (no dai, davvero pensavate che in questo paese potesse crescere tutto ‘sto pinot nero?!?).

In ogni caso, visto che si parla di Brunello di nuovo e del suo disciplinare, la mia posizione attuale è che se è vero quello che dice Monty (e in parte temo lo sarà specie quando parla dell’impossibilità di ottenere buoni vini da certi terroir ilcinesi) allora o si fa come dice Gaja o si muore. E che forse, era meglio chiudere la stalla prima che tutti, ma proprio tutti, i buoi se ne andassero dove loro pareva…

I migliori 50 Riesling 2007 sotto i 15 euro: come mai te lo chiedono tutti?

riesling weinweltNel senso che invariabilmente ogni volta che vengo quaggiù o che torno da quassù la domanda ricorre (e non solo a me lo chiedono…). Però quantomeno è malposta perchè vi assicuro che il difficile qui è trovare Riesling SOPRA i 15 euro. Nel senso che la qualità in Germania sta abbondantemente sotto quella cifra stratoferica. E non stiamo parlando di Egön Muller o Robert Weil o qualche altro Ersten Gewächs che fanno storia a sè (e saranno recensiti a Settembre), qui parliamo di grandissimi vini, molti pure da invecchiare con calma, che regalano soddisfazioni enormi a chi abbia un minimo di voglia di cercare. Non sono il più grande esperto in Italia di Riesling (rivolgeti a Nicola Bonera semmai o Fabio Cimmino) però da quelli che ho bevuto una idea me la sono fatta e con l’aiuto di WeinWelt magazine vi propongo il top dei top degli oltre ottocentodieci Riesling recensiti e valutati nell’ultimo numero in edicola (qua).

Nella classfica assoluta ecco primeggiare un Qba, il 2007 Auf Der Mauer Riesling della Weingut Geheimer Rat von Basserman Jordan dallo Pflalz (basta scrivere Palatinato, please!) con 93 pts (e 14 euro!) a parimerito con il 2007 Königsbacher Ölberg Riesling Qba Trocken della Weingust Christmann (14,5 euro). Un punto sotto (ma vi assicuro sempre eccelso) il primo austriaco ovvero da Kamptal Bründlmayer (che già conoscerete) con il suo  2007 Riesling trocken Zobinger Heiligenstein. Per la categoria shock (per il prezzo) a 90 punti troviamo a 6,7 euro il campione del Rheinhessen da Eckehart Gröhl e il suo 2007 Oppenheimer Sackträger Riesling Spätlese trocken Alte Rebe e a 89 punti sempra dalla “Puglia tedesca” Pfalz il 2007 Riesling Kabinett Trocken Buntsanstein dalla Weingut Borell Diehl e dal Franken, terra d’elezione storica del Sylvaner ma sempre più attraente anche in campo riesling, ecco ad 88 punti (e 5,2 euro) il 2007 Homburger Kallmuth Riesling Kabinett Trocken della Winzergergemeineschaft Franken eG. Dal Mosel Saar Ruwer, ecco il 2007 Trittenheimer Apotheke Jungheld Riesling Spatlese Halbtrocken della Weingut Gastehaus Claes Schmitt Erben e il 2007 Maison Elise Riesling della Weingut Bauer.

Già poi se siete in vena di scorta e vi piacciono i bottiglioni da 1 litro (literwein) e tappo a vite ecco che per 4,1 euro dallo Pflaz potete comprare il 2007 Riesling Qba Trocken da Weingut Wöhrle.

Sono tutti vini estremamente piacevoli, freschi, dinamici, adattissimi alla tavola e rende ancora più difficile da capire come mai i Tedeschi in realtà amano comprarsi i bottiglioni di Muller Thurgau da 2,5 quando a 4,5 si possono comprare queste piccole meraviglie…Ah sì forse questi Riesling sono troppo secchi per loro!

Scusate ma qualcuno di voi si sta ancora svenando per comprarsi i bianchi “d´occasione” delle Graves o della Loira?!? 😉

Friesisches Brauhaus Jever: un sommelier alla ricerca del terroir della Birra

insegna jever pils birraSi lo so che si rischia il linciaggio a parlare di terroir nella birra e che le birre “locali” al mondo d´oggi dove bastano due bustine per trovarsi in casa l´acqua di Burton on Trent o di Dublino pero´quando la birreria esiste da secoli ed e´cosi´profondamente radicata in una terra il discorso vale eccome!

Finalmente riesco a trovare una mezza giornata con i bimbi da oma e opa per tornare in pellegrinaggio a Jever, ridente cittadina della Ostfriesland (“Frisia Orientale”, in Niedersachsen- Bassa Sassonia, la cosa piu´simile che i Tedeschi hanno all´Olanda).

Posso affermare con assoluta certezza e senza ombra di dubbio che questa è la birra che preferisco in assoluto e non mi vergogno neanche a dire che è una “banale” Pils ovvero una delle tipologie piu´classiche e abusate e anche sputtanate del mondo birrofilo, originaria della Repubblica Ceka dalla citta´Pilsen (penso conosciate tutti la mitica Pilsener Urquell). Ho provato commoventi birre belghe dai monaci più disparati e Ale britanniche invecchiate ma qui è una questione di feeling e di sensazioni:  sarà pure che questa birra ha gli stessi colori di mia moglie, ma non riesco a preferigli davvero nessun´altra. jessi birra jever

Ecco dicevo del terroir…siamo in Germania quindi Reinheitsgebot (ovvero birra SOLO con acqua, orzo, luppolo e lievito) e orzo coltivato in loco ovvero in queste sterminate pianure sotto il livello del mare fino quasi sotto l´argine che difende le coste dalle maree. Acqua di una fonte dolcissima e lieve di acqua minerale locale a poche centinaia di metri dalla fabbrica attuale (costruita di fianco a quella storica medioevale), luppolo bavarese e cloni locali di lieviti.

La visita comincia dalla fabbrica storica con il mitico bollitore in uso fino ai primi del 1900,  con attorno tutti gli altri strumenti vintage come il macina malto, il setaccio e altri piu´moderni come il refrigeratore a parete e la pressa per la filtrazione della birra quasi finita, che potete vedere qui. La visita prosegue nelle stanze dell´imbottigliamento, che nel 1900 riuscivano a imbottigliare quasi 800 birre in un’ora e nella vecchia stanza di degustazione, davvero calda e accogliente.

Però l’ oohh di meraviglia viene solo più tardi quando si sale nella parte mission control beermoderna e ultrautomatizzata con la stazione di controllo che pare tanto la stanza di Homer Simpson nella centrale di SpringField e soprattutto il mitico nuovo impianto di lavaggio e riciclo bottiglie e imbottigliamento.

Che ve ne pare di solo 150ml di acqua per lavare una bottiglia e un potenziale di 60000 bottiglie/ora? Io con 150ml di acqua manco mi lavo i denti…

In effetti c’è da rimanere più che abbacinati e i non ho potuto fare a meno di girare un paio di video all’impianto da bravo turista in vacanza.

[youtube]http://www.youtube.com/watch_video?v=uwOQqZgdxB8[/youtube]

E la birra come è? Ecco difficile descriverla ma al naso ti prende subito per il suo profumo floreale freschissimo dove non solo si sentono ginestra, fiori di campo e grano ma anche lo iodio, il mare, il sale della costa e quel profumo particolare che ha solo il Mare del Nord. In bocca ha questo amaro davvero penetrante e avvolgente che la rendono dissentantissima e lunghissima ideale vi dicevo per il pesce grasso e forte di queste parti (aringhe, anguille e simili).

Le altre birre della gamma Jever sono la Lime (ovvero mescolata a della limonata, buona ma se ne può fare a meno), la Light, la zero alcol (definita Sport e in effetti funziona meglio di un Gatorade) e la nuova Dark che ha una pubblicità bellissima ma che insomma è un pò un tradimento dello spirito originario secondo me).

La Germania del vino sotto i 5 euro: lo scaffale del supermercato dei (fortunati?) Tedeschi

Dovendo stare una settimana sul Mare del Nord e dovendo approvigionarmi di vino dal supermercato locale (e per locale intendo Bersensiel e le foto mostrano davvero tutto quanto c´e´da vedere…tramonti bellissimi a parte) mi sono messo in testa di fare una ricerca sul campo di come spendere meno di 5 € in vino e vivere felici, riprendendo una bella rubrica di Lavinium. Premetto che non avendo da piazzare una quantita´di vino enorme come noi italiani, i tedeschi godono in ogni supermercato di una scelta di paesi esteri da cui comprare vino davvero enorme e senza difficolta´ si trovano uno accanto all´altro vini sudafricani, australiani, neozelandesi, greci, rumeni, bulgari e ovviamente italiani e francesi.

La scelta piu´ampia, vini tedeschi a parte, e´proprio per gli italiani con gli immancabili Montepulciano D´Abruzzo (Zonin), Chianti e Chianti Classico, Barbera, Lambrusco (Amabile ovviamente! a 1,70 euro), Valpolicella, Soave, Marsala e Asti. Top price italiano e anche assoluto del negozio su oltre 100 referenze (immaginatevi voi) il Chianti Classico Bello Stento di Triacca da Greve che con i suoi oltre 8 euro faceva la figura del vino per enosnob e infatti in una settimana mi pare che non ne sia andata via nemmeno una bottiglia, peccato perche´come rapporto qualita´prezzo e´davvero notevole.

Ecco dicevo visto questo bendiDio mi butto su roba che da noi non si trova neanche a peso d´oro ed ecco che raccolgo Cape Spring Pinotage 2007 (SudAfrica), un Rosenthaler RotWine Bulgaro da Strumatal (Manastir) che apprendo qui essere un blend di Melnik e Merlot, un rose´rumeno Schwarze Madchentraube (ovvero il vitigno autoctono Feteasca Neagra) 2007 da Husi Vutcani (Moldavia), uno Chenin Blanc Stony Cape (SudAfrica, of course) il mitico Prosecco2GO in lattina Marca Trevigiana IGT, un Moselland Riesling 2006 Qba Bio, un Trollinger Lemberger Württemberg 2007 e un Muller Thurgau Landwein Pfalzer 2007.

Vi risparmio cosa ho cucinato in abbinamento (sempre nel solito supermercato olio d´oliva solo francese o spagnolo e pasta barilla a giorni alterni) e vi descrivo un po´queste perle enologiche:

Sara´stata buona lo zazzeriano spaghetto allo scoglio che avevo fatto ma questo Riesling Qba 2006 della Mosella della grandissima cantina Moselland (qui ritratto su un tovagliolo ricamato a mano in stile Frisiano) era davvero buono con quasi tutti i crismi del vero Riesling del Mosel ovvero naso appuntito e minerale, bella freschezza, corpo discreto, alcol a livelli decenti (12,5%) e persistenza discreta. Finale amarognolo leggero e bocca sapida quanto basta per metterti voglia di berne ancora. E direi che il fatto che non fosse 2007 gli giovava non poco. A 4,49 euro e´di certo un bel bere pero´cé´da tener conto che, a trovarli, alcuni dei migliori Riesling del Moser Saar Ruwer, MittelRhein (il grande Toni Jost) e anche Rheingau vengono via in enoteca intorno ai 10 euro (su Wein Gourmet di questo mese ce né´una selezione interessantissima).

Sempre restando in Germania, evitando come la peste la selva di Portugieser e Dornfelder (davvero ci ho provato tante volte ma vi assicuro che NON ne esistono buoni a nessuna cifra) spiraglio di luce per un gradevolissimo rosso (ma da noi lo definiremmo rosato) dalla regione “rossa” per eccellenza ovvero il Württemberg. Uvaggio di Trollinger (la nostra “Schiava Grossa” e nota pure per aver dato luce al Kerner incrociandosi con il Riesling, con ottimi risultati in Alto Adige) e il Lamberger (altrove noto come Blaufranckisch e Kefrankos, qualcuno dice pure Gamay), probabilmente il miglior vitigno rosso tedesco, capace di dare il buonissimo Lamberger Tafelwein Neckar della Weingut Ernst Dautel , ovviamente dal Württemberg. Tannino quasi optional ma in accenno presente quanto basta, profumi vinosi e di fragola netti e croccanti, bocca pulitissima e quasi piena. Il Lamberger garantisce un corpo discreto e il Trollinger spinge un pö sui profumi a dare un vino onestissimo e appagante, specie sulla grigliatona di wurstel e salsicce. 4,59euro ben spesi (in Toscana ricordo che un rosato buono cosi´vi costa minimo il doppio…).

Ultima sosta in Germania per un discreto ma nulla di piu´Muller Thurgau dal Palatinato Pfalz, un landwein (IGT) del 2007 secco piacevole ma profumi davvero leggeri leggeri e una bocca impalpabile. 2,8 euro per addirittura un litro ma qui forse direi meglio un po´d´acqua gassata (che ovviamente costa piu´o meno la stessa cifra).

La curiosita´mi ha portato ovviamente subito dal vino bulgaro, e dalla Strumatal (Jolianka Na Strumal Sud ovest della Bulgaria, tra Macedonia e Grecia) ecco questo Rosenthaler RotWein, marca ovviamente che suona tedesca ma che e´imbottigliata in Francia a Petersbach (dove ha sede guarda caso il colosso Les Grands Chais de France, titolare di JP Chenet e altri marchi, il piu´grande gruppo vinicolo europeo nonche´titolare dell´etichetta francese piu´venduta al mondo, da noi si trova alla Lidl). Viene via dallo scaffale a 1,75 euro ma in giro si trova anche a 0,99 in offerta. Ecco con tutta la buona volonta´questo era proprio imbevibile! Innanzitutto era dolce (via forse abboccato), alcol quasi nullo, acidita´non pervenuta, non un profumo che sia uno, solo liquido rosso un po´alcolico e un retrogusto di sciroppo di lampone. Mi domando che senso abbia far attraversare l´Europa a questo vino in autocisterne quasi dalla Grecia al Nord della Francia per poi distribuirlo in tutta la Germania a meno di un euro…ecco un motivo per cui forse sarebbe meglio se le autostrade tedesche mettessero il pedaggio almeno ci pensano due volte…

Miglior fortuna per una bella sorpresa dalla Romania: questo Feteasca Neagra 2007 dalla Moldavia (DOC Husi-Vutcani per essere precisi), leggermente abboccato e fresco, mi ha davvero colpito per 3,30 euro. Profumi floreali, fruttato di fragola e ribes, gusto di pompelmo rosa, finale medio, alcol contenuto ma struttura decisa. Degno compare a tavola di una sogliola alla nordica (ovvero in padella con burro e pancetta e bratkartoffeln) si lasciava davvero bere. Il confine con la bibita era davvero pericolosamente vicino dato i pochi gradi alcolici e la dolcezza ma non sono riuscito a disprezzarlo per niente. Se vi capita, direi che un rosato rumeno potrebbe persino sorprendervi…

Sempre intorno ai 3 euro, a 3,29 ecco il SudAfrica con uno speziato e caldo Pinotage 2007 e un piacevole Chenin Blanc Stony Cape 2007. Entrambi ovviamente prodotti “da battaglia” ma che che non hanno il minimo difetto e scorrono che e´un piacere. Lo Chenin Blanc e´moderatamente alcolico (12,5%) ha note agrumate di cedro, qualche profumo dolciastro quasi da barrique (o truciolo) , biancospino, gelso, floreale di campo gradevolissimo. In bocca e´caldo ma l acidita tiene eccome. Cosi´come l´aciditä sorregge il bel corpo dello Cape Spring Pinotage che richiama in etichetta lo Yellow Tail Australiano con un cerbiatto (?)  in corsa stilizzato.

Bella bottiglia lavorata a sbalzo, spalla alta, profumi accattivanti vinosi senza brett o altre puzzette “tipiche” da pinotage anche piu´cari, classico prodotto industriale ovvio ma con una combinazione frutto speziato leggero (pepe, cannella) che lo rende esotico quanto basta a giustificare la provenienza africana.  Sulla rosticciana tedesca (ovvero ricoperta di quella salsa rossiccia che si vede nelle macellerie quaggiu´) era davvero ottimo.

Capite bene che in mezzo a queste proposte non e´che il nostro (ma imbottigliato in Germania) Prosecco2GO IGT Marca Trevigiana sfigurasse parecchio, anzi…con tutte le imitiazioni di Prosecco che ci sono qui (BoSecco, ProSekt vai di fantasia al potere) almeno questo e´IGT…Buffo che sia venduto, a proposito di vini dolci, come DRY tradotto “Trocken”, peccato che DRY da noi e´quasi abboccato mentre “trocken” in Germania vuol dire proprio secco senza quasi alcun residuo zuccherino (sono precisi, loro). Ecco questo ve lo potete immaginare come era…una spumina innocente da 10,5% dolcina piacevole, da bere in mezzo a due birre davanti la TV a vedere la Premiere della Nuova Bundesliga (2-2 Bayern vs HSV Hamburg…uffa, a proposito in stile americano prima del calcio d´inizio spazio alla lirica con Nessun Dorma in tedesco, brr…).

Semmai una considerazione generale mi porta a dire che in Germania sempre di piu´il vino viene venduto come bibita e lo stesso Prosecco che ci scandalizza vedere inscatolato in realta´gia´da anni qui e´considerato alla stregua della Sprite o di una Schweeps, venduto con le fragole dentro o in bicchieroni da birra. Insomma il fatto che sia disponibile in lattina non credo abbia sconvolto nessuno qua…

E altro aspetto che mi colpisce sempre e´notare quanti vini abboccati sono venduti in ogni enoteca o supermercato. E non stiamo parlando degli Auslese o degli Spatlese Qmp ma proprio di una miriade di vini (anche italiani, francesi e come ho sperimentato, rumeni, bulgari e greci) che sul mercato tedesco vendono benissimo. E anche oggi nella Montecatini del NordWest ( Bad Zwischenahn) in un WeinGarten musica rock e bicchierate di vini bianchi dolci, semidolci e secchi con la pflaumkuche (una pasta sfoglia salata con cipolle e pancetta e un po´di formaggio) e indovinate quale vino ci stava meglio?

Del resto e´il popolo europeo con maggior tradizione di vini abboccati da pasto e persino il piu´grande produttore di Riesling Egon Muller non puo´fare  a meno di lasciare dello zucchero residuo nei suoi capolavori. E parlare con i miei suoceri e sentirgli dire Buono questo vino:  e´secco suona sempre particolarmente strano ma riflette un gusto ancora oggi diffusissimo per il dolce e una scoperta ancora molto da completare del gusto del vino “trocken“.Niente di strano in un paese dove anche i popcorn al cinema di default sono serviti dolci (e salati spesso non ci sono nemmeno su richiesta).

Da consumatore seriale di Coca Light non riesco davvero a trovare cosi´terribile il gusto dolce nei vini da pasto, anzi la trovo una variante piacevole che spezza certe sequenze di sapori troppo forti…del resto in Germania chi vuole bere amaro ha la birra con cui sfogarsi!

E soprattutto trovo sempre educativo trovare sullo stesso scaffale vini da tutto il mondo posti di fronte al consumatore con dei prezzi cosi´vicini. E mi fa sempre un po´rabbia (ma so che non potrebbe essere diversamente) che in Italia non sia cosi´facile trovare vini di altri paesi a prezzi accettabili in modo che la cultura del vino non si allarghi un po´ e ci faccia ogni tanto aprire gli occhi sul fatto che quando si parla di sovrapproduzione vinicola magari non e´solo uno sciocco allarmismo.

In Pineta a Marina di Bibbona: il senso dello Zazzeri per il vino (e un piccolo omaggio a Gianni Masciarelli)

Noi privilegiati che abitiamo nella città più bella che mente umana possa concepire, abbiamo pure la fortuna di risiedere a nemmeno un’ora da uno dei litorali più gourmet del Mondo, ovvero quel lembo di costa (ed entroterra) toscana che racchiude una serie di ristoranti, trattorie e osterie che vanno da Viareggio fino giù all’Argentario (spesso ve li descrivono il Paglia e il Fiordelli con dovizia di succulenti particolari) e oltre.

Ieri avevo deciso di regalarmi (povero piccolo sommelier abbandonato) un pranzo da Luciano Zazzeri, conosciuto di recente nella “gloriosa” trasferta franciacortina a Contadi Castaldi. A sentirlo parlare a colazione del menu del banchetto che avrebbe preparato quella sera mi ripromisi che mi sarei fiondato alla prima occasione disponibile, cosa non facile visti i 15 giorni standard di attesa per un tavolo (colpa pure degli inglesi?). Grazie ad una fortuita disdetta domenicale oggi avevo il mio tavolo a due (e neanche sotto tortura vi dirò con chi…).

Tralascio la descrizione di come si arriva che è già di per sè un piccolo capolavoro di informalità e di tocchi di classe, con il mitico “bicchiere” che gestisce il parcheggio e mi indica il poso riservato per il mio tavolo (altro che valet parking). La prima sensazione è dannatamente importante in un ristorante e su questo punto resto conquistato in 10 secondi dando un’occhiata al tavolo, al fatto che non c’è aria condizionata (ma 34°) ma si sta benissimo per via della brezza del mare che ti entra dappertutto e ti fa scordare qualsiasi stress del viaggio. Una camminatina e due chiacchere in veranda affacciati sul bagnasciuga ti fanno subito capire come mai siamo così irrimediabilmente attratti dal mare e dalle sue onde e come mai ci sobbarchiamo ore di coda pur di passare un pò di tempo sulla riva.

Siamo arrivati prestissimo ma ci accomodiamo al tavolo e dopo poco arriva Luciano affabile e livornese fino al midollo e si siede a cercare di capire cosa vogliamo mangiare. Non ripeterò le solite verissime questioni che mai come qui si può dire “si va dallo Zazzeri” perchè in effetti è così, tu arrivi e dipendi da quello che ti propone e ti conviene sempre seguire le sue ispirazioni. Antipasto crudo, spaghetto alle vongole di rito, panino all trippa di pescatrice, raviolo di baccalà con cipolla di tropea e bottarga di muggine, bollito misto di pesce con maionese e mostarda, cacciucco leggero. Pur rimanendo affascianato dalla carta dei vini (ricarichi onestissimi e scelta enorme) come sempre decido di non decidere e lascio fare a Luciano anche per i vini.

Sì perchè non ho le competenze e l’esperienza per trattare di piatti e di cibo, e neanche per fotografarli (Sigrid perdonami per le imitazioni di foto che ho provato a fare!) e mi permetto solo di far notare che Luciano ha un senso per il vino e per le scelte non comune. Lascio fare e si parte con uno dei vini toscani più originali ovvero la Bugia di Bibi Graetz, piccolo miracolo di forza equilibrio e concentrazione ottenuto da un piccolo vigneto sull’isola del Giglio che regala una luce tutta particolare al tonno fatto in casa e allo stupendo panino con trippa di rana pescatrice (davvero un piccolo capolavoro, avrei potuto mangiarne una decina!). Pure il vino oggi ha una magia tutta particolare e una povera coppia di tedeschi del tavolo accanto viene convinta ad assaggiarne un pò. Sabato tornano in Germania e quando gli dico che anch’io sabato mi sposto sul Mare del Nord per fare un pò di vacanza mi guardano allibiti…

Andiamo avanti e ci ritagliamo con lo Zazzeri al tavolo un momento per una dedica a Gianni Masciarelli, aprendo un Castello di Semivicoli 2006, toccante Trebbiano dal profumo stordente e soave di miele di tiglio, erbe aromatiche, campo di ginestra e sambuco, uno dei pochi vini capaci di saltare a piè pari lo stucchevole fruttato di tanti vini bianchi moderni per unire magicamente fiori e spezie. Si sprecano sempre un sacco di parole sul fatto che certi uomini ti parlano attraverso i vini e pur non conoscendolo direttamente, capisco lo sguardo e le parole di quanti lo ricordano in questi giorni anche solo sorseggiando questo piccolo grande vino e ripescando la memoria recente del Villa Gemma 1992 degustato a Roccamonfina neanche una settimana fa. Luciano riceve una telefonata da amici colleghi e giornalisti riuniti a S. Martino sulla Marrucina per i funerali e anche lì si sta bevendo il Semivicoli: ” e cos’altro vorrebbe che facessimo adesso?“si sente dire.

Il Semivicoli ci accompagna per mano pure sul mitico spaghetto alle vongole (anche qui leggete pure altrove, ogni parola che scrivono è vera!) e sul raviolo di baccalà in equilibro tra la dolcezza della cipolla di tropea e il salino della bottarga. Altra tappa obbligata il cacciucco leggero e uno dei bolliti di pesce più straordinari che mi sia mai capitato di incontrare.

Su questi Luciano tira fuori un Fortuni 2005 e allora mi consola pensando che non sono l’unico fissato con questo Pinot Nero mugellano… Concordiamo che è forse ancora un filino troppo grasso e robusto ma anche sul fatto che questo 2005 ha avuto una evoluzione importante da Febbraio quando è stato presentato ad oggi e che merita sicuramente altri assaggi nel tempo (poco male, il Brogi sta a 20 minuti da casa mia). Se il Semivicoli non se ne vuole andare dalla tavola e accompagna degnamente anche il bollito misto di pesce, anche se condito con la mostarda semi piccante abbinata mentre il Fortuni fa il suo dovere egregiamente sul cacciucco leggero, piccolo miracolo di equilibrio tra la forza del vero cacciucco e i suoi aromi decisi e la leggerezza di cottura del pesce che conserva ogni dettaglio di profumo.

C’è spazio e tempo per il dolce e il cavallo di battaglia quest’anno è il millefoglie sbriciolato con caramello e frutta, servito su un piatto impazzito e accompagnato con un Moscato di Noto Planeta.

Questo dolce riesce quasi a sembrare leggero tanto è buono e credo che è uno di quei casi che la testa si rifiuta di mettersi a contare le calorie e tu prosegui imperterrito a mangiare e ti interrompi solo quando arriva una mattonellina di semifreddo al pistacchio forse ancora meglio.

Guardo l’orologio e un minimo mi vergogno visto che segna le 16:30 e siamo parcheggiati da quasi quattro ore al tavolo…ma è dura alzarsi visto che Luciano ha ancora voglia di raccontarci qualche storia e qualche ricetta. Ovviamente parliamo anche di vino, mi segno due o tre bottiglie che devo tornare quanto prima a bere (bella scusa) e discutiamo di abbinamenti rossi e bianchi, di grandi vini, grandi operazioni d’immagine, e per fortuna spesso, anche grandi emozioni. Fa solo un pò rabbia sentir parlare di un’apertura di un Petrus ’82 e un Sassicaia ’77 e degli effetti di queste bottiglie. Se non altro Luciano dimostra al mio orecchio di sommelier di avere una sensibilità per il vino rara tra i cuochi del nostro paese e non significa che cucina con in mente un vino (sarebbe spesso un errore, credo) ma che si rende conto di quanto un pasto perfetto possa essere reso indimenticabile dal vino giusto servito alla persona giusta, al di là di schemi, tabelle e grafici di abbinamento tanto cari a noi sommelier.

Si è quasi fatta ora dell’aperitivo (serale), se ne sono andati anche i tizi di Decanter quindi decido che forse sarà il caso di alzarsi e salutare. E credetemi che alzarsi da questo pranzo, fare tre gradini e sdraiarsi sotto l’ombrellone per una dolce siesta pare una ricompensa persino eccessiva.

Mi lascio cullare dalle onde per dei minuti, esco e mi addormento sotto il giornale, davvero poche altre volte sono uscito da un posto così soddisfatto per come ho passato cinque ore a tavola…e raramente una domenica d’agosto mi ha riappacificato con il mondo come questa.

Vin Santo Toscani Vini Buoni d’Italia 2009: “Sostanzialmente, una valida alternativa al sesso”

Faccio mie le mitiche parole del cult blogger Fiorenzo Sartore che già da Dicembre scorso descriveva così su KelaBlu il Vin Santo di Rocca di Montegrossi. Come accade spesso, vedi Ziliani e il suo amore per il Brunello, sono i degustatori di altre zone d’Italia a essere i migliori a descrivere le nostre meraviglie enologiche.

Sabato pomeriggio dopo una tormentata sessione di Vini Rossi Toscani tutti di alto profilo (e di ardua lettura per la commissione, anche per la nostra giuria ombra che aveva me come guida autoctona) ci sono da affrontare cinque vini dolci che a sentirli nominare fanno tremare i polsi ogni amante del Vin Santo Toscano ovvero i due gemelli diversi Avignonesi, il Vin Santo di Carmignano di Capezzana, Isole e Olena e il Rocca di Montegrossi. Con forse la sola esclusione di Cacchiano, probabilmente il meglio del meglio dei vini dolci in Toscana.

E non sono vini semplici da leggere a meno che appunto non si trascenda dal piano meramente degustativo e ci si infili in un piano mentale un pò distaccato per cui il tempo condensato di 8-10-12 anni accumulato nel caratello si sprigiona tutto insieme in un sorso di materia liquida. Ovviamente serviti leggermente freschi, 8-10 gradi e via a salire con le sorsate, ciascuno di questi vini è capace di risolvere una serata da solo…

Ma oggettivamente seppur grandissimi tutti, sabato scorso solo uno, e concordo con Fiorenzo, ci ha dato quel brivido di sottile piacere che può farci pensare ad “una valida alternativa al sesso” inteso come brama di emozioni e soddisfazioni delle medesime, con in più la semplicità della misura e della regola date dall’uso del bicchiere. Ecco, il Rocca di Montegrossi 1999 sabato ti costringeva a chiudere gli occhi e bastava da solo a riempire la scena per lunghi minuti di piacere enoico. Dolce, amaro, cangiante, ambra fusa ma mai troppo compiaciuta di sè, ogni sorso un divenire.

Vi evito ogni riconoscimento, ha davvero poco senso cercare di descriverlo a parole scomponendolo nelle sue sfaccettature perchè questo è un vino che si svela come un tuttuno di rara bellezza da gustare a mente libera da ogni altro pensiero.

Si appunto, come il sesso…

Ecco le prime corone: Sicilia e Puglia “coronate” in diretta su YouTube

Per la sicilia grande prova del Grillo Parlante e tra i Pugliesi il Primitivo si prende qualche rivincita… Andate sul canale youtube di Vino da Burde per i primi video delle finali! Massima trasparenza continua e abbiamo pure un serio candidato al vino dell’anno ovvero da Florio il Donna Franca.

Ecco qui il momento dell’incoronamento del Grillo Parlante

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Grillo Parlante Sicilia IGT 2007
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E qui la Puglia con Agrinatura Giancarlo Ceci Castel del Monte (Negroamaro):

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Corone TCI Puglia
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Amici di Bevute in Toscana: Chianti Classico e Montalcino raccontati da Angelo di Costanzo

La mia posizione (nel senso di PR di Google) mi permette di dare spazio e voce a qualcuno di quei tanti sommelier italiani che scrivono di vino in maniera sincera ed appassionata e che riescono sempre a distinguersi per imprese e iniziative interessanti. E così, dopo l’esordio di Giulia, ecco a voi la stella nascente della sommellerie del Sud Italia ovvero Angelo di Costanzo, fresco vincitore del Concorso Miglior Sommelier della Campania che se vi ricordate nei commenti qui aveva lanciato la proposta (e l’invito) ad unirsi a lui per il prossimo tour toscano in programma nei giorni scorsi. Per chi non si è accodato, eccol il suo racconto, buona lettura e benvenuto Angelo sul mio umile blog!

C’erano sei napoletani, sei puteolani e due americani… Potrebbe essere l’inizio della più classica delle barzellette in realtà è semplicemente il racconto di tre giorni di scorribande e libagioni per le storiche verdeggianti colline del Chianti Classico, di Montalcino e della Maremma Toscana.

L’allegra brigata di “Amici di Bevute” (giuro di non avere mai avuto la sensazione di quanto fosse appropriata questa definizione prima di adesso) si è radunata di primo mattina lunedì 30 presso L’Arcante e sancite le ultime raccomandazioni di rito è iniziato il viaggio, direzione Greve in Chianti. Lungo l’autostrada del sole tutto è filato liscio e chilometro dopo chilometro siamo giunti in terra di Toscana, prima tappa l’antica Macelleria Falorni a Greve in Chianti che dal 1729 rimane un luogo di riferimento assoluto per il prodotto tipico locale, anche se a dire il vero che con la crescita esponenziale soprattutto negli ultimi anni ormai della vecchia Macelleria Falorni di Giò Batta ne rimane giusto qualche testimonianza nei reperti “archeologici” in bella mostra nei locali.

Il banco macelleria è un capolavoro di lobate e bistecche di Chianina, costate di cinghiale, ventresche e salsiccie di Cinta Senese; il senso di compiutezza dell’espressione del territorio lo si ha solo dopo l’assaggio durante le continue degustazioni della saletta dove una miriade di prodotti in degustazione danno l’idea dell’offerta di casa e diverse Enomatic spruzzano chianti classico a go go!
Una telefonata ci obbliga a raggiungere Villa Nozzole dove ci attende per il nostro tour nel meraviglioso mondo delle Tenute Ambrogio e Giovanni Folonari (a cui vanno mille ringraziamenti per averci accolti con tanto garbo e disponibilità) il buon Filippo Volpi che scopriremo poi essere non solo un grande conoscitore e comunicatore del territorio chiantigiano ma anche ottimo connosseurs delle nostre terre partenopee per aver a lungo lavorato in Campania in passato.

Villa Nozzole è un sogno, 600 ettari di terre a perdita d’occhio in corpo unico, non comune qui nel chianti classico. La Villa di stile colonico perfettamente restaurata domina tutto il paesaggio, dopo una scarpinata in lungo ed in largo per le splendide vigne di sangiovese tenute a mò di giardino ci siamo rifugiati nella bottaia dove il fresco naturale ci ha un pò rinsaviti della cuticola esterna.

Botti, tonneau, barriques e pièces di diversa natura e capacità a seguitare intuizioni ed intenzioni che senza stravolgere la tradizionale vocazione di questo territorio volgono a rendere sempre nuova e dinamica l’immagine di un chianti classico sempre più al centro del mondo dopo le ultime notizie da Montalcino. A Nozzole le uve sangiovese dànno vita a tre chianti classico tra i quali mi sembra doveroso esaltare il Riserva La Forra che rappresenta davvero un fuoriclasse per la denominazione, prodotto in quantità limitata per una resa per ettaro davvero irrisoria, è un pò la memoria storica della tenuta, è ricco, polposo, intenso e complesso, pieno e concentrato, di grande armonia ed equilibrio.

La degustazione tecnica che ci ha visti tutti intorno ad un grande tavolo ci ha aperto le porte di tutto il patrimonio di vini di delle Tenute Ambrogio e Giovanni Folonari, dai progetti in Bolgheri, nella Tenuta Campo Al Mare, ambiziosi, che già vede primeggiare il suo Bolgheri rosso come il migliore per rapporto prezzo-qualità, a quello a Montecucco dove la regola numero uno è frutto e bevibilità; I Vini di Nozzole e della Tenuta Cabreo sono espressione di autentica eleganza e longevità, la nuova azienda di Vigna a Porrona in Maremma sarà il futuro da non perdere di vista. La cena in villa ci ha visti ospiti di una esemplare e aggiungerei magistrale interpretazione della cucina chiantigiana, dai magnifici salumi di Cecchini ad uno straordinario ragù di Chianina, dalla cacciagione (anatra e pollo ruspante) arrosto con patate sino ad un gustoso Tiramisù zabaione di Vin Santo Nozzole Riserva ’96.

Un grazie di cuore a Graziella e a Mario, se questa giornata rimarrà memorabile è anche grazie alla loro cura e dedizione. L’indomani di buon ora ricca colazione e partenza per Montalcino, qui guidare è divenuto entusiasmante lungo le più belle colline del chianti sino ad arrivare dove l’emozione diviene fibrillazione e dove lo stupore lascia spazio alla coscienza che qui a Montalcino si vive su di un altro pianeta tanto lontano dalla nostra quotinianità tanto vicina ai confini di tutto mondo.

La tenuta La Fuga non è grande, anzi tutt’altro, a vederla così incastonata tra le vigne di Antinori a Pian delle Vigne, di Castello di Camigliano e Frescobaldi vien da pensare quale strenua lotta abbia dovuto affrontare per resistere alle tentazioni di voracità di questi colossi, ma qui la terra più che un valore economico assume un valore talmente empirico che le poche bottiglie qui prodotte rendono testimonianza di un patrimonio culturale e morale unico ed irripetibile più che di uno spirito imprenditoriale.

La Cantina è un piccolo gioiello tirato a nuovo ricolmo di Tonneau; si possono ammirare a riposare le annate 2004, 2005, 2006, 2007 di Brunello e le loro riserve in una armonia di legni francesi di primissima qualità sovrapposti ed incastonati in piccoli anfratti al buio ed alla frescura del seminterrato. Il Brunello Riserva 2003 Le Due Sorelle assaggiato rimarrà vivido nella memoria per la incomparabile eleganza che esprime con questo vino il sangiovese grosso. Un giri in giro per le vie ilcinesi ci ha condotti all’Osticcio, antica osteria, l’unica a Montalcino a poter vantare una proposta di vini straordinariamente ampia e profonda (nelle annate) con vini provenienti da tutto il mondo, segno di grande intelligenza e voglia di confronto, dura da venire condivisa qui a Montalcino.

Un pranzo fugace, a parlar di vigne e vini dell’areale e di tutto quello che il mondo del vino deve mettere in atto per non perdere contatto con l’appassionato di turno, insomma un merito immenso alle Tenute Ambrogio e Giovanni Folonari che ci hanno concesso questa due giorni entusiasmante e senza remore un accorato stimolo nel continuare a fare di queste iniziative il cuore del nostro modo di vedere il lavoro di comunicatori del vino: “Amici di Bevute” continua a guardare lontano, oltre, sempre.